Lo confesso, nella mia vita ho preso diverse manganellate. La prima non posso dimenticarla: metà anni novanta, Massa, tragitto tra la stazione ferroviaria e lo stadio degli Oliveti. Avevo 16 anni, ero in corteo con gli ultras dello Spezia: dalle traverse laterali spuntavano di tanto in tanto alcuni tifosi locali che cercavano il contatto. La polizia si spazientisce e decide di dare a tutti un lezione: parte la carica, mi trovo nel mezzo, mi giro per salvare il salvabile, il manganello mi centra in pieno la schiena. La botta mi toglie il fiato ma fingo il nulla. A casa, la sera, una lunga striscia viola tra le scapole sarà il ricordo di una giornata turbolenta.
La seconda, se possibile più grottesca, mi capita a Pisa, altra trasferta calcistica: la Questura prende una decisione folle, impone il passaggio dei pulmann dei tifosi nelle vie strette che stanno alle spalle della celebre torre pendente, la stessa zona finita al centro della polemica recente. Qualcuno dei nostri impone all'autista uno stop, ci sono scontri tra varie fazioni e io, solito pirla, ci resto nel mezzo. Una, due, tre mazzate: ancora la schiena, poi la spalla destra. Sul treno del ritorno, poi, incrocio lo sguardo con un volto che riconosco, è quello del poliziotto che mi aveva menato. Ci mettiamo a chiacchierare nello scompartimento, mi faccio mostrare l'oggetto che mi aveva colpito: “Ma è tutto storto”, gli dico scherzando. L'uomo, dal forte accento romano, sta al gioco: “Nun te preoccupà, la prossima volta che lo uso torna dritto”.
La piazza, miei cari lettori, è anche questo. E' terreno di scontro, di tensioni nervose, di scelte improvvise. Pur essendoci rimasto nel mezzo e sentendomi incolpevole, non me ne sono mai lamentato. Ho sempre capito ciò che stava succedendo, anche se la cosa mi aveva procurato dolore. E ho sempre avuto la consapevolezza che il 'reparto celere', ai miei tempi si chiamava così, ha spesso molte colpe ma svolge un compito ingrato.
In questi giorni la questione manganello torna in auge e diventa polemica politica: ci sono andati di mezzo dei ragazzini e la cosa è ovviamente molto triste. Ma quando sono capitate le mie disavventure ero ragazzino anche io. E le ho raccontate apposta, perché chi mi vede oggi, ultraquarantenne tutto azzimato, non penserebbe a me tra quelli che fanno casino in mezzo alla strada. E avrebbe anche ragione, perché io di casino ne facevo poco. Ma gli altri, intorno a me, eccome se ne facevano e da sotto un casco, in mezzo a urla, pietre e bastoni doveva essere molto difficile distinguerci.
Non ho nessuna intenzione di giustificare i comportamenti sbagliati delle forze dell'ordine. Al contrario: trovo che all'interno di uno Stato non ci sia sensazione più spiacevole e preoccupante di non potersi fidare della polizia. E' quindi doveroso che gli inquirenti indaghino sulle responsabilità specifiche dei fatti di Pisa e puniscano in modo esemplare coloro che eventualmente hanno commesso errori o esorbitato dai loro compiti.
Ma arrivare a sostenere che in Italia non si possa manifestare, che sia in gioco il diritto alla parola o all'espressione, non è accettabile.
Manifestazioni di piazza in Italia ce ne sono ogni giorno e la stragrande maggioranza di queste vengono gestite con correttezza e buon senso: gli scontri sono rari e gli episodi che mostrano l'intelligenza degli agenti e dei loro dirigenti non si contano. Qui a Genova ancora ricordiamo con piacere la dirigente del reparto mobile che ordina ai suoi uomini di togliere il casco davanti agli operai dell'Ilva schierati davanti alla Prefettura. Ed è solo uno di tanti episodi.
Chi manifesta, e questo vale per tutti, giovani e meno giovani, deve rispettare delle regole perché lo stesso esercizio dei diritti democratici ne ha: se la polizia chiede di non invadere un piazza, per esempio, ci si deve attenere a questa indicazione. Se si decide di violarla ci si prepari allo scontro.
La polizia schierata in assetto anti sommossa a presidio della piazza dei Cavalieri di Pisa non ha alcuna responsabilità negli attacchi israeliani a Gaza (la manifestazione era legata a questo): gli agenti avevano il solo compito di mantenere l'ordine. Chi vuole violarlo sa che andrà incontro a un problema, indipendentemente dal motivo o dalla sua età.
Vengano puniti i poliziotti che sbagliano ma non si rinunci a imporre delle regole: in piazza non vale tutto ed è bene impararlo. Fin da giovani.
IL COMMENTO
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