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Un caso, una coincidenza, magari un auspicio. Curioso che proprio nei giorni in cui celebra i suoi tecnici più grandi, Vujadin Boskov e Sven Goran Eriksson, gli allenatori che hanno scritto le pagine più memorabili della sua storia, la Sampdoria di Andrea Pirlo si giochi una fetta di ritorno al futuro e di possibilità di tornare a calpestare i palcoscenici più prestigiosi in Italia. Vujadin Boskov è stata celebrato dai tifosi sabato scorso, e quelle frasi dolci e romantiche (“Sampdoria è come bella ragazza a cui tutti vogliono dare baci” e “Noi siamo noi … y loro sono loro”) hanno toccato il cuore di chi lo ha conosciuto. Eriksson sarà ospite della società domenica prossima e uno stadio intero si stringerà a lui in un momento duro della sua vita che il gentleman svedese, al solito, affronta con stile e dignità.
Opposti, ma non troppo. Opposti, ma solo in apparenza, Boskov ed Eriksson. L’empatia trascinante e travolgente del primo e quel garbo solo apparentemente freddo, in realtà educazione e capacità di dare, sottotraccia, grande importanza ai rapporti umani, del secondo. Boskov modernissimo nella capacità naturale di comunicare, in epoca in cui i social erano di là da venire e i rapporti fra il “dentro” e il “fuori” l’ambiente della squadra non era filtrato da sbarramenti, addetti stampa e interviste programmate. Un affabulatore che aveva la capacità e l’astuzia, se necessario, di deviare l’attenzione da un tema scottante andando a catturare l’attenzione dell’interlocutore pescando dal suo sterminato campionario di aneddotica. Sven,  intelligente tatticamente, capace di guadagnarsi la stima dei giocatori, fermo senza mai dover alzare la voce e fautore del bel gioco. Boskov – ed è stato forse il suo pregio più grande – capace di dare consapevolezza e responsabilità a quel gruppo di ragazzi che qualcuno, erroneamente, continuava a ritenere eterne promesse incompiute. Il tutto scegliendo, lui cittadino del mondo, la strada, fin dai ritiri e dalle amichevoli estive, della preparazione all’estero e delle sfide precampionato contro i grandi club della scena internazionale. Lo scudetto, la Coppa delle Coppe, due Coppe Italia, la finale di Wembley persa per colpa di un fallo che non c’era, nel curriculum di Vujadin, l’uomo con gli occhi che brillavano. Un terzo posto, una coppa Italia, la semifinale di Coppa contro l’Arsenal, lampi di calcio memorabile con Gullit, Platt ed Evani inseriti nel telaio dei ragazzi della Bella Stagione.
Ecco, dall’ampio repertorio dello zio Vujadin e del Rettore di Torsby, Pirlo ha modo di pescare nel suo percorso di crescita. Una delle grandi peculiarità di entrambi i predecessori, l’ex Maestro capace di illuminare il gioco in campo pare averla certamente già ereditata: la capacità di fare gruppo, di fungere da collante, addirittura, quando è stato il caso, di metterci faccia e spalle larghe assumendosi pure responsabilità non sue quando la società – anch’essa in crescita - ha mostrato qualche fatica a fare sentire in modo concreto la propria presenza.
Pirlo si gioca una stagione tra domenica contro la Reggiana e venerdì a Catanzaro. Ma moltissimo se lo gioca nella prima delle due sfide, quella casalinga che coincide con lo Sven Goran-Day. Boskov ed Eriksson hanno avuto la possibilità di allenare le più grandi Sampdorie di sempre, e fior di campioni di livello assoluto. “Verità verità – diceva Boskov – grandi squadre fanno grandi giocatori, grandi giocatori fanno spettacolo e migliore calcio”. Pirlo, fatte le debite proporzioni con i campioni che hanno vestito la maglia blucerchiata a cavallo fra anni Ottanta e Novanta, ha finalmente la possibilità, nel momento chiave della stagione, di avere a disposizione e poter scegliere fra i suoi quattro attaccante di maggiore qualità e carisma: De Luca, Pedrola, Esposito e Borini. Può schierare, finalmente, attaccanti in grado di mettere in ansia da subito la difesa avversaria e rimpiazzarli, a gara in corso, con sostituti di pari valore e differenti caratteristiche. A lui la responsabilità delle scelte. La Sampdoria prova, in prospettiva media, a ridiventare protagonista nel calcio italiano. Sarebbe bello poter crescere e un giorno rivedere giorni memorabili come quelli vissuti dai suoi illustri predecessori.