GENOVA -Si racconta che avesse "ordinato" ai carabinieri di non parlare con i poliziotti che pure erano titolari delle indagini. Uno dei punti interrogativi dell'indagine bis sul cold case del delitto di Nada Cella (nella foto a sinistra), la segretaria uccisa a Chiavari nello studio del commercialista Marco Soracco il 6 maggio del 1996, è il comportamento del magistrato che avrebbe dovuto coordinare le indagini, Filippo Gebbia, ora in pensione.
Gebbia era l'unico che sapeva che in casa di Anna Lucia Cecere (nella foto a destra) , imputata già allora e subito sbrigativamente archiviata e ora sulla soglia del rinvio a giudizio per l'omicidio, erano stati trovati bottoni simili a quello rinvenuto sotto il corpo della segretaria agonizzante.
Ma né i carabinieri, né il magistrato lo svelarono ai poliziotti titolari delle indagini. Un'omissione che, si sussurra in ambienti investigativi, ha impedito di risolvere il caso.
Se avesse appreso di quel particolare la squadra mobile avrebbe approfondito le indagini su Cecere con tanto di richiesta di alibi: lei dove era alle 8.55, l'ora del delitto, del sei maggio? Una domanda posta alla indagata solo dopo 25 anni, due anni fa quando il caso è stato riaperto dalla criminologa Antonella Delfino Pesce che ha messo insieme indagini dei carabinieri e della polizia.
Cecere si difende dicendo che era a lavorare e ha esibito pure il contratto di lavoro per cui dalle 9 in poi di due giorni della settimana, fra cui il lunedì, giorno del delitto, era a fare le pulizie nella casa di un dentista di Sestri Levante. A quasi venti minuti da Chiavari.
Il dentista ora non ricorda nulla. Ma di certo se fosse stato interrogato 27 anni fa avrebbe potuto rammentare.
Non solo: quando la polizia nel '96 ascoltò una registrazione di una telefonata consegnata dalla mamma di Soracco in cui lei stessa fa riferimento a una donna, appunto Anna Lucia Cecere, il pm Gebbia gli impedì di approfondire la posizione dell'attuale indagata. Gli agenti si sentirono dire di lasciare perdere perchè la posizione della donna era stata già vagliata e archiviata dai carabinieri. "Non perdete tempo" ordinò secco Gebbia.
Gebbia, altra anomalia, che aveva impedito ai poliziotti di installare microspie nella casa di Soracco, come lamentarono allora gli investigatori al Corriere Mercantile.
Eppure il magistrato titolare della nuova indagine, Gabriella Dotto, nel ripercorre l'indagine 25 anni dopo ha interrogato testimoni, investigatori e pure Pasquale Zazzaro e Peppino Gonan, dirigente del commissariato di Chiavari e capo della mobile di Genova, ma non ha avrebbe, almeno non se ne ha notizia, mai convocato il collega Gebbia, che pure appare quello che più di tutti ha commesso errori e forse omissioni, si spera involontariamente.
Torniamo alla cassetta audio con la registrazione della telefonata consegnata dalla madre di Soracco: quel reperto ora potrebbe essere utile alla difesa di Soracco e della mamma Marisa Bacchioni, indagati per favoreggiamento, per avere protetto Cecere. Il commercialista, per l'accusa, avrebbe visto Cecere nel palazzo subito dopo il delitto.
Ma se la madre del commercialista avesse voluto proteggere Cecere avrebbe fatto meglio a distruggere e non consegnare in modo spontaneo alla polizia quell'audio in cui si indica la donna che, a dire degli inquirenti, lei e il figlio tutelano sino a quasi a diventarne complici.
Omicidio Cella, quei silenzi del magistrato Gebbia
Nell'indagine bis nessuno ha mai chiesto conto al pm spiegazioni del mancato coordinamento tra polizia e carabinieri. Accuse ai Soracco: la registrazione audio consegnata dalla mamma potrebbe avvallare che lei e il figlio non hanno mai protetto l'imputata
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