Una storia a due passi dalla città, quella di Capenardo. Caratterizzata da 120 bestie e tre soci entrati in scena quasi 20 anni dopo una guida che per tre lustri era stata quella di alcuni anziani allevatori del posto riuniti all’interno di una cooperativa.
“Poi nel 1998 ci fu la necessità di un ricambio generazionale e così siamo diventati protagonisti noi più giovani facendo tesoro di quell’esperienza che ci ha permesso di collezionare da decine di proprietari oltre 200 ettari attraverso i quali pascolano oggi le nostre mucche limousine” spiega Stefano Chellini, anima della Cooperativa Agricola Monte di Capenardo.
Una cronaca di lavoro che prevale sul degrado dei boschi, un racconto di bestie allevate nel verde di Davagna e macellate a Tribogna. Dapprima vendute al consumatore soltanto in pacchi carne da 5 chili, e da qualche settimana anche in un punto vendita totalmente biologico nel centro di Genova: "Il grande vantaggio è dato dal fatto che il consumatore può venire qui e farsi una passeggiata fuori porta verificando di persone le condizioni in cui vivono gli animali. E' un paradiso".
Stefano che è laureato in agraria con la sua sfida oggi garantisce lavoro a due soci della cooperativa, più due dipendenti a tempo pieno e a un collaboratore part time. Gli allarmi dell’organizzazione mondiale della sanità sulla carne non lo spaventano: "La nostra clientela sa che questo è prodotto di qualità. A farlo infuriare però è la burocrazia: “Inaccettabile rendere ancora più tortuosa la strada dell’agricoltura e dell’allevamento a chi vorrebbe lavorare con le bestie e non con commercialisti o avvocati”.
cultura
Cooperativa di Capenardo: "Vivere di allevamento a Genova? Ora si può"
La storia raccontata da Stefano Chellini
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