"Sono andato nel pallone, ho avuto paura. E poi non ho realmente capito cosa stesse succedendo in quel momento, la gravità della situazione. Per questo non sono intervenuto". Lo ha detto il vigile urbano indagato per non aver fermato la lite che ha portato all'omicidio di Francesco Larosa, 65 anni, ucciso dal nipote per questioni di confini a Pontedecimo, il 27 giugno scorso.
Il vigile è stato interrogato dal pm Alberto Landolfi. Difeso dall'avvocato Stefano Sambugaro, è accusato di concorso per omissione in omicidio. L'agente ha spiegato di non conoscere nessuno dei componenti delle due famiglie, ma di essere stato contattato quel giorno dai Bruzzese che si erano presentati al comando dove lui lavora per dirgli di intervenire.
"Sono arrivato e mentre stavo controllando le carte e i documenti è iniziata la rissa. All'inizio ho provato a intervenire ma poi sono entrato nel pallone, non sapevo cosa fare. Poi ho chiamato la centrale. Ho detto a tutti di entrare in casa e di aspettare. Non ho visto che Larosa era stato ferito mortalmente, ho scoperto che era morto solo all'arrivo dei medici del 118". La lite, sfociata poi nell'omicidio, era nata per una questione di confini tra le proprietà delle due famiglie, imparentate tra di loro. Le discussioni andavano avanti da anni.
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Omicidio di Pontedecimo, il vigile: "Ho avuto paura"
L'agente è indagato per non aver fermato la lite che ha portato all'omicidio di Francesco Larosa
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