In tema di HIV l’anno appena trascorso sarà ricordato per l’approvazione del Piano Nazionale AIDS redatto dal Comitato Tecnico del Ministero della Salute. Infatti, dopo ben 27 anni dall’introduzione della Legge 135/90, viene ripresa in mano dal Governo e riaffidata alle Regioni, la gestione di una patologia infettiva che continua ogni anno inesorabilmente a registrare nuove infezioni.
Il documento affronta con una visione moderna e olistica una malattia sempre presente anche se non più inesorabilmente fatale.
Il primo obiettivo dichiarato è quello di impedire le nuove infezioni da HIV nel nostro paese.
Abbiamo sufficienti conoscenze oggi su come si trasmette HIV ma nonostante ciò i casi rimangono costanti da circa 5 anni.
Nel dettaglio: in Italia nel 2016 sono state riportate 3,451 nuove diagnosi di HIV pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti. Si registra un lieve calo rispetto all’anno precedente ma con incidenza maggiore nella fascia di età tra i 25 anni e i 29 anni.
Le nuove diagnosi di HIV al San Martino sono circa 50/anno (dato stabile da oltre 5 aa). In Liguria sono circa 100 i casi/anno raccolti dal sistema di sorveglianza.
I giovani maschi che fanno sesso con i maschi (MSM) rappresentano la maggior parte delle nuove infezioni. Da notare come nonostante vi sia un decremento del numero annuo delle nuove diagnosi di AIDS (fase di malattia conclamata) il numero di decessi di persone con AIDS è rimasto stabile. Nel tempo è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di AIDS che scopre di essere HIV positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS.
L’emersione del sommerso è uno degli obiettivi prioritari del documento, l’offerta del test deve essere più ampia e possibile. Da inizio 2017 abbiamo la possibilità di eseguire test salivari o tramite goccia di sangue che dovrebbero consentire diagnosi più precoci nelle persone più timorose di recarsi in ospedale.
Il documento affronta poi l’argomento della popolazione che invecchia e che ha bisogno di nuove forme di cura e assistenza. L’utilizzo di farmaci più efficaci, meglio tollerati consente alle persone con infezione da HIV di vivere a lungo. Il dato più clamoroso che sta emergendo nelle varie coorti dei paesi industrializzati è il progressivo invecchiamento della popolazione HIV.
Il dato dalla corte dei pazienti seguiti al San Martino di Genova (quasi 1100) dimostra come ci siano 700 pazienti con età superiore ai 50 anni, oltre a quasi 200 pazienti con età superiore ai 65 anni. Qual è la conseguenza di questo è molto semplice: nei prossimi anni le persone con HIV diventeranno sempre più anziane, oltre quindi alle patologie croniche tipiche dell’età avanzata dovranno gestire un’infezione cronica (incremento dell’uso dei farmaci, aumento degli accessi ai servizi sanitari, sociali, etc) con aggravio per il SSN se non gestite in modo collaborativo con altre specialità mediche e territoriali.
Il documento comprende inoltre una sezione sui migranti (necessità di screening ma anche di informazione), una sezione riguarda le donne in gravidanza (la nascita di bambini con infezione da HIV non è tollerabile in un paese civile), inoltre una parte è dedicata anche ai reparti di malattie infettive ed ai corsi di aggiornamento/formazione che devono rimanere e potenziati per mantenere alto il livello di assistenza alle persone con HIV (in italia gli indicatori WHO indicano un alto livello di cura per i pazienti).
Una sezione è dedicata allo stigma ed alle politiche sociali per le persone con infezione da HIV.
Il capitolo più innovativo riguarda però la prevenzione dei casi di malattia con l’introduzione del concetto di PrEP, la profilassi pre-esposizione.
Si tratta di una strategia basata sull’impiego in profilassi di farmaci anti HIV in persone sane che hanno o vogliono avere rapporti sessuli con persone con HIV o con sierologia sconosciuta.
In questo ambito si sottolinea come l’uso del farmaco possa impedire le nuove diagnosi (soprattutto nelle popolazioni dei giovani omosessuali maschi). Nelle città dove tale strategia è praticata (SanFrancisco, Londra, Parigi si registra un decremento dei casi di infezione).
Ma attenzione oltre alla discussione su etica e sostenibilità della strategia preventiva non vanno dimenticate le recrudescenze di malattie a trasmssione sessuale (Herpes, sifilide, clamidia e gonococco) registrate in tutte le coorti di osservazioni.
Parlare di prevenzione dell’HIV oggi sostenendo come unico baluardo la PrEP appare poco credibile. La PrEP deve essere inserita in un percorso che comprende:
- Test HIV
- Terapia antiretrovirale efficace
- Mantenimento in cura
Solo mettendo assieme questi argomenti la PrEP potrà risultare determinante nel ridurre i nuovi casi di HIV in Italia.
Infine l’informazione. In questo settore bisogna ripensare a politiche nazionali e locali. Il PNAIDS 2017 invita associazioni di pazienti, il volontariato, gli organi di governo e gli operatori a cooperare per sviluppare campagne di informazione sul virus dell’HIV a partire dalle Scuole e dalle popolazioni più vulnerabili.
Nella nostra città per esempio il progetto BEING POSITIVE sviluppato da ANLAIDS Liguria e i dipartimenti Universitari DSA e DISSAL sta cercando di sensibilizzare professori e studenti delle scuole medie e delle scuole superiori della provinica di Genova sul tema di HIV.
*Antonio Di Biagio - Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino di Genova
salute e medicina
HIV/AIDS quali novità nel 2017 in Italia, in Liguria e a Genova?
Sono circa 100 i casi ogni anno raccolti dal sistema di sorveglianza nella nostra regione
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