Se sono giuste le ultime proiezioni demografiche, Genova perderà da qua al 2028 180 mila abitanti, cioè quanto sono gli abitanti di La Spezia, Savona e Imperia. Uno scatafascio che porterebbe questa ex Superba città a circa 300 mila abitanti.
La cifra corrisponde alla famosa profezia di don Gianni Baget Bozzo, indimenticato protagonista della storia della Chiesa di Genova e poi della politica, prima democristiana, poi craxiana e infine berlusconiana, che negli anni Novanta pronosticò, davanti agli sconquassi della industria para pubblica genovese e all’incapacità della classe politica, soprattutto di quella socio-comunista, che saremmo diventati, appunto, “una città di 300 mila abitanti, con pochissimi giovani, tanti anziani e un’ottima qualità della vita per le condizioni metereologiche e ambientali”.
Se sono giusti i numeri del nostro invecchiamento, quelli che ci definiscono come una delle città più anziane del mondo, con una percentuale attuale già di 300 over 65 anni ogni 100 over 14 anni, con il più alto tasso di vecchiaia, con già un esercito di anziani posteggiati in residenze protette e una lista d’attesa di 6000, che quel posto non lo stanno trovando, la nostra vera emergenza è l’età avanzata.
Stretti in questa forbice di spopolamento andante veloce e di tasso di vecchiaia galoppante, che cosa facciamo noi? Siamo immersi nella campagna elettorale più noiosa della nostra storia, con meno passione, innovazione, spinta, novità che si ricordi, come se non ci stessimo avviando al peggiore stato di incertezza mai vissuto almeno dal 1948 ad oggi.
A chi può importare se Genova si avvia a dimezzare la sua popolazione rispetto a pochi anni fa e se questa popolazione sarà la più vecchia del mondo? Chi si pone il problema della immane fragilità della nostra società tra pochi lustri, con servizi e infrastrutture e assistenza assolutamente inadeguate alla realtà che sta esplodendo silenziosamente, ma inesorabilmente?
Qualche anno fa “Il Foglio”, quotidiano sempre molto sottile nelle sue analisi, intitolò un grande reportage “Finale Ligure”, non alludendo alla rinomata cittadina del nostro Ponente, ma alla conclusione demografica verso cui si avvia la nostra Regione.
Nella penultima campagna elettorale, quella comunale, il futuro sindaco, Marco Bucci, si è lanciato nel programma di incrementare la popolazione, tentando anche cifre calcolate in decine di migliaia di futuri cittadini, indicando, quindi, nel ripopolamento uno dei punti chiave del suo programma, che poi ha vinto le elezioni.
Ma non sono certo gli insediamenti di nicchia, come l’IIT con i suoi Archimedi Pitagorici e Erzelli con le sue brillantissime aziende high-tech, che possono puntare a un ripopolamento di massa. Ci vuole altro e ci vuole soprattutto la fine dell’isolamento infrastrutturale, che per ora ci allontana non solo dal ripopolamento, ma anche banalmente dal semplice trasferimento occasionale, di turismo, di affari.
In realtà abbiamo una sola speranza concreta per invertire presto un trend che ci fa perdere soprattutto la future classi dirigenti ( i giovani, che possono e che hanno studiato, hanno il primario obiettivo di squagliarsela da qua e trovare lavoro e vita altrove, sia Milano, come Londra, gli Usa come Singapore).
La speranza è il collegamento veloce con Milano attraverso il Terzo Valico, un’opera che se fosse stata realizzata quando fu rilanciata alla fine degli anni Ottanta avrebbe già cambiato il nostro destino.
Il Terzo Valico, incrociando le dita, sarà pronto nel 2022, anno fatidico, ma da solo non basterà neppure se avvererà quella tanto discussa affermazione del sindaco Marco Bucci “ante litteram”, che diventeremo un “sobborgo di Milano”. Magari.
L’alta velocità è capace di mutare veramente il destino di una città. Prendete Bordeaux in Francia. Da quando ci è arrivato il treno veloce da Parigi, fine anni Ottanta, ha recuperato circa duecentomila abitanti, richiamato decine di aziende, ed ha capovolto il suo declino apparentemente irreversibile. Ma oltre alle rotaie ci vuole ben altro, ci vuole, soprattutto, una città che sappia decidere tutto rapidamente, liberandosi dei vincoli burocratici senza ingaggiare con gli apparatikit la “guerra dei trent’anni”, come temiamo stia avvenendo tra “u’ sindaco che cria”, cioè Bucci e le nostre sovrastrutture burocratiche, da quelle interne al Comune a tutte le altre, di ogni ordine e ufficio.
Si vota per il Parlamento, con l’entusiasmo sopra citato, possibile che non ci sia un candidato, di qualsivoglia partito o movimento, che non annunci battaglia su questi fronti incartapecoriti nella ineluttabilità dei tempi infiniti di attesa?
No, aspettano tutti che, più o meno lentamente, ci si avvicini a quel “Finale Ligure”.
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