Ciclicamente come il passaggio dei tordi a ottobre e la raccolta delle ciliegie a giugno, ogni cinque anni si apre a Genova un dibattito sulla cultura. Genova non fa cultura, Genova è ”ignorante”. Guardiamo, invidiosi, come sono intelligenti Milano, Torino e financo Brescia. Il dibattito, anche se abbondantemente farcito di retorica, è utile, fa bene alla salute è come le vitamine che si prendono con i primi tepori primaverili. E allora ecco che dopo gli stimolanti colloqui a più voci lanciati su Micromega da Dal Lago e Pellizzetti, dopo le severe critiche del sindaco al Palazzo Ducale (largamente condivisibili) e quelle scritte su Repubblica di Andrea Liberovici, anche Primocanale apre il suo confronto. E chiama Giuseppe Marcenaro, scrittore, giornalista ma conosciuto soprattutto per avere allestito insieme a Piero Boragina alcune delle più belle mostre genovesi, da Viaggio in Italia a Russia&Urss per ricordare le più recenti, a dire la sua. Marcenaro in un’intervista dice cose forti: la cultura a Genova non esiste più, ogni città ha un suo riferimento culturale (Milano ha Palazzo Reale, Torino ha Palazzo Bricherasio) la nostra ha perso il Ducale che è scomparso dai giri importanti. Secondo Marcenaro c’è una sorta di rifiuto a utilizzare cervelli locali quasi “a Genova fossero tutti scemi”. Lui, per esempio, è emigrato a Milano per allestire una grande mostra-evento su Stendhal.
Non è facile dire se Genova sia colta o no. Ora sta muovendo i suoi primi passi una Fondazione per la Cultura che dovrebbe fare tutte queste cose. Vedremo. E’ certo che la città culturale ha il fiatone, non riesce ad uscire dai ricordi dei suoi pittori seicenteschi, sopravvive con lo sforzo missionario di alcuni direttori di musei che con pochi spiccioli riescono a inventare rassegne. Sarebbe interessante avere i dati delle visite nei musei di Genova. E’ una richiesta lecita? La facciamo, attendendo come sempre fiduciosi una risposta. Così come ci piacerebbe sapere che progetti ci sono per il Ducale dei prossimi anni, ben sapendo che una grande mostra mon si organizza in pochi mesi.
In un bell’articolo sui nuovi fermenti culturali di New York, (ma non montiamoci la testa) pubblicato pochi giorni fa dalla Stampa, lo scrittore Mario Vargas Llosa spiegava come la parte più vivace della vita culturale nella Grande Mela nasca nelle librerie e nelle biblioteche, dalla Public Library ormai visitata dai turisti come l’Empire State Building a Strand dove in ogni minuto avviene un frenetico scambio di libri usati e antichi. A Londra la biblioteca architettonicamente fascinosa del British Museum è una eccezionale piazza di cultura. Ebbene, Genova ha una bella rete di biblioteche, dalla Berio alla de Amicis, dalla Campanella di Struppa alla Saffi di Molassana, dalla Lercari di San Fruttuoso alla Firpo di Pra. L’Università avrà la grande biblioteca nell’ex hotel Colombia di Principe. Ora resistono anche alcune librerie vivaci, dall’elegante salotto di Andrea Guglielmino nel porto antico, alle piccole realtà che si chiamano Finisterre, Punto di vista. Gli anni dell’effimero sono finalmente finiti. Quelli delle notti bianche corrono rischi di rallentamento per mancanza di fondi. Allora ci vuole un grande sforzo di fantasia, da un lato per dare a Genova una bella mostra (o anche affittarla da fuori Italia) che riaccenda il Ducale, dall’altro aiutando seriamente le biblioteche che fanno cultura tutti i giorni, in silenzio, aprendoci la mente con le pagine dei libri e che per sopravvivere non hanno bisogno di sponsor milionari.
IL COMMENTO
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