Primo fu Carlo Freccero, gran consulente della promozione di Genova nel mondo. Il guru televisivo si presentò benissimo, affascinando col suo piffero le oche di Strasburgo che stavano ad ascoltarlo beatemente godenti nella sala a del vecchio consiglio di palazzo Tursi. Farò. Non fece. Fuggì ad occupare qualche ricca poltrona Rai.
Poi toccò a Renzo Piano. Il suo magnifico affresco della Genova futura fu maleducatamente dimenticato. Piano, che è un signore, ascoltò, tacque, si dileguò. Lui assente e inascoltato mentre la giunta comunale esaltava progetti cementizi ma eco-compatibili sulla riva del mare.
Fu la volta dell’avvocato Maurizio Maresca che la sindaco aveva presentato tra i suoi caballeros quale grande esperto di problemi portuali. Spiegò, s’inalberò, scappò.
Arrivò da Milano il professor Nando Dalla Chiesa. Fece, ebbe successi, suscitò squallide gelosie, fu fatto fuggire.
Che cosa sta succedendo? Chiaro: i consulenti del sindaco di Genova hanno abbandonato. Brutto gesto, preoccupante. Soprattutto per due di cui probabilmente sentiremo la mancanza: Piano e proprio Dalla Chiesa. Esperti veri. La morale è che era meglio lasciare stare i consulenti, soprattutto in tempi di vacche magre e fare assessori veri, con responsabilità politica. Nel campo della cultura poi, ci sono stati troppo galli. Dall’assessore Ranieri a Dalla Chiesa, dal presidente della Fondazione allo stesso sindaco che sulla cultura e la promozione ha posto la sua diretta autorità.
Questa è una città da piccolo cabotaggio culturale purtroppo, dove più delle iniziative fioriscono le invidie, la paura di vedere il proprio triste orticello compromesso da qualcuno che, magari, viene da “fuori”. Genova ha paura del “fuori”, sia che si tratti di imprenditori (vedi la vicenda del porto) sia di personaggi di cultura o marketing che potrebbero insegnare qualcosa. Oggi lo stato culturale della città è quasi al collasso, salvato dalla bella mostra su Otto Hofmann che solo una intelligenza lucida e spesso inutilizzata come quella di Giovanni Battista Martini poteva riportare (furono proprio Martini&Ronchetti a farci conoscere il grande protagonista del Bauhaus una ventina d’anni fa nella loro colta galleria di via Roma).
Il Carlo Felice annaspa e ha un futuro quasi nero. Il teatro pubblico regge perché c’è Carlo Repetti che, forte degli insegnamenti di Ivo Chiesa fa miracoli per tenere ad alto livello la programmazione e la produzione (sempre premiata nazionalmente), i troppi musei assistono inermi al disinteresse dei governi e, in alcuni casi (non pochi) di un pubblico che non frequenta. Per fortuna reggono le biblioteche e speriamo che non siano punite.
Dunque i galli fuggono. E allora il sindaco colga l’occasione per una svolta radicale, senza consulenti, ma rafforzando la compagine con l’esperienza di chi la cultura la fa da anni in trincea. Qualche nome, modestamente, lo abbiamo fatto.
IL COMMENTO
"Breathe": la politica ha il dovere di ricordare i giorni del Covid
Il docufilm sul Covid, una lezione per la giunta che deve rifare la sanità