Nell' avvicinarsi dei 150 anni dall' Unità mio sembra utile ricordare che:
-dal punto di vista dei giudizi politici è indicativo che un politico serio quale Gaetano Salvemini,nell' Introduzione all' Età Giolittiana ,anno 1949, scriveva"Se si giudica l'opera dei politicanti italiani prefascisti alla stregua di una perfezione ideale-è questo il metodo dei riformatori-non c' è n'è uno che non debba essere mandato alle forche. Ma se si adotta il metodo dello storico,cioè si confronta , per l'Italia, il punto di partenza (1870) con il suo punto di arrivo(1922),e se si tiene presente la povertà delle risorse italiane, in paragone con le ricchezze degli altri paesi, si ha l' obbligho di concludere che nessun Paese in Europa fece tanti progressi in così breve tempo";
- dal punto di vista storico-politico, le polemiche su una presunta caratteristica elitaria di formazione del nostro Stato non tengono conto che la partecipazione politica era ristretta , nell’ 800,in tutti i Paesi . Ad esempio in Gran Bretagna fino al 1832 votava il 3,1% della popolazione, per salire , con varie riforme, nel 1884,anno vicino e successivo all' Unità italiana , al 16,4%. Sempre in Gran Bretagna sino al 1872 vi era il voto palese e il voto segreto si affermò nel 1872.Sino ad allora era forte il controllo nobiliare ,soprattutto nelle campagne , favorito dal decentramento amministrativo e/ federalismo. Per l'Italia la ristrettezza del suffragio è cosa nota ,ma a parte che corrispondeva a una tendenza generale, che l' Unità italiana fosse sentita e approvata è comprovato dal fatto che ,dopo il 1848, con l'opera di Cavour , il Piemonte riuscì a dimostrare che la causa della libertà faceva tutt'uno con quella del progresso economico e a far diventare il Piemonte il naturale punto di riferimento per la borghesia liberale di tutta Italia. Moltissimi esuli politici, tra il 1849 e il 1860 (dai venti ai trentamila) si stabilirono nel Regno Sabaudo, dando un importante apporto alla sua vita culturale. .
- dal punto di vista economico è stato giustamente notato che il Nord e il Sud, prima dell'unità, erano piccoli paesi subordinati politicamente e marginalizzati economicamente e che in entrambi i sensi cominciarono a contare qualcosa di più, in Europa e nel mondo, dopo l'unità. Non solo il Sud ma anche il Piemonte era politicamente subordinato (alla Francia) e la Lombardia lo era (all'Austria verso la quale anche dipendeva per le scelte di politica economica). L'emancipazione politica ed economica nei confronti dei grossi Stati Europei confinanti arrivò con l'Unità. Il Mezzogiorno, certamente, pagò un prezzo elevato a scelte economiche, i cui vantaggi immediati furono per il Nord, ma tutta la Penisola, Sud compreso, in un'età come quella dell'imperialismo, ebbe uno sviluppo.
Alla fine dell'età giolittiana, con tutte le luci ed ombre che ci furono dal 1861 in poi, l'economia italiana oltrepassò il punto di non ritorno nel processo di superamento tra sottosviluppo, che rimase un destino di molti paesi del Mediterraneo, quali ad esempio Algeria, Tunisia o Libia. L'unificazione dell'Italia, cioè fu realizzata anche grazie all'opera di chi, Cavour, tranquillizzando gli stati esteri europei, che erano ostili non alla cacciata degli Austriaci ma all'Unità Italiana, fece acquistare, dal 1850 in poi, al nazionalismo una rispettabilità fino a venire collegato alla stabilità politica piuttosto che ai tumulti popolari.
*componente direttivo cittadino PdL
IL COMMENTO
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