Sapete con quanta passione mi impegno nell’analisi delle cifre. Cominciando dal dato sulla densità abitativa, che è essenziale per capire che cos’è la Liguria e come vivono i liguri.
La densità abitativa
La densità media in Liguria è pari a 298 abitanti per km quadrato, quindi più alta di una volta e mezza circa alla densità media nazionale, pari a 200.
Ma se guardiamo alle cifre del Comune di Genova (2.506), a quella dei Comuni costieri (987) e poi via via alle altre Province ci rendiamo conto come in un piccolo territorio il cui 75% è costituito da boschi e montagne la pressione esistente nelle aree urbanizzate, soprattutto lungo la costa, sia veramente altissima, e come la media, già più alta di quella nazionale, dica poco di questa situazione di altissima concentrazione.
Non è quindi un caso che i dati sull’uso dei mezzi di trasporto ci dicano che in una regione comunque più ricca della media circolino 518,5 automobili ogni mille abitanti, contro le 604,3 della media nazionale, mentre i motocicli in Liguria sono 219,5 rispetto alla media nazionale di 101,9, quindi più del doppio (tabella 1.2). E questa tendenza si è acuita negli ultimi anni: le automobili sono rimaste pressoché le stesse, le due ruote sono cresciute dalle 198 del 2006 alle 213 del 2008 e ancora di più nel 2009, con un incremento di circa il 10%.
Avevamo cercato di aprire una discussione sulla “politica per le due ruote” che credo dovremo riprendere con più efficacia.
Così come centrale è il discorso sul Trasporto pubblico: i liguri usano di più i mezzi pubblici, e ne discutono molto di più. Basta dare un’occhiata alle rassegne stampa: a queste temi la media nazionale dedica un 3%, che nella nostra regione diventa il 30!
Alle condizioni del loro territorio i liguri hanno reagito terrazzando i monti, e scegliendo motociclette, bus, treni e ascensori per spostarsi.
La popolazione anziana
In Liguria ci sono tanti anziani, ma non è vero che l’aspettativa di vita sia più alta che nel resto dì Italia. Gli uomini sono sotto l’indice nazionale per lo 0,5%, le donne per lo 0,2%.
Il punto è che c’è un tasso di natalità più basso di due punti, e ovviamente un tasso di mortalità più alto.
Però la Liguria non è da questo punti di vista un’eccezione, ma anticipa una tendenza che coinvolgerà l’intera Italia nei prossimi 20 o 30 anni. Anche per questo sarebbe intelligente prevedere investimenti nella sanità mirati a condurre qui una sperimentazione utile poi per tutto il paese, anziché minacciare ulteriori insopportabili tagli proprio dovuti alla sottovalutazione dell’indice di anziani.
Un solo esempio: noi col fondo per la non autosufficienza assistiamo circa 7000 persone all’anno, con contributi di 350 euro mensili. Ora tagliano il fondo: il risultato sarà che più anziani e disabili finiranno come lungodegenti negli ospedali, con un costo di 400 – 600 euro al giorno!
Le persone con più di 65 anni da noi sono il 26,8% rispetto alla media italiana del 20,2%. E’ chiaro che se i contributi per la sanità non tengono conto di questo per noi si apre un disastro, e la battaglia è difficile perché rischiamo di essere isolati.
L’immigrazione
Negli ultimi 4 anni i liguri sono stati 38 mila in meno, mentre sono arrivati – o sono stati regolarizzati – 43 mila stranieri. Dunque l’aumento di circa 5.000 è dovuto solo all’immigrazione. Le tendenze statistiche ormai si sono stabilizzate e si autoalimentano (natalità, invecchiamento, giovani che emigrano in aree più ricche) per cui solo dall’immigrazione viene uno sviluppo demografico. Ogni cento bambini 20 hanno almeno un genitore straniero. E’ dunque importante continuare a attrarre stranieri, anche nelle fasce più qualificate: dagli studenti ai ricercatori dell’IIT.
Da notare che su 114 mila stranieri che vivono in liguri i minori sono 24 mila, pari al 21%, rispetto al 14% presenti tra gli italiani. Bisognerebbe anche riflettere sul fatto che questa presenza vale 80 milioni di finanziamento sanitario, ma sappiamo che la maggior parte di queste risorse sono destinate a curare i nostri anziani, non gli immigrati che sono più giovani e che incideranno per una ventina di questi milioni di euro.
Donne, uomini, residenze.
Nelle tabelle 2.7 e 2.9 i dati sulle differenze di sesso. Spicca la presenza di 134 mila vedove e di 24 mila vedovi, insieme al fatto che ormai i matrimoni civili superano quelli religiosi, anche nella provincia di Imperia. Osservando la presenza di mogli e mariti si capisce anche come sia esploso dopo l’abolizione dell’ICI per la prima casa il fenomeno delle doppie residenze di chi ha anche casa in altre regioni (e per i quali paghiamo anche i costi sanitari…)
Dati positivi per la sanità
I dati sulla sanità – salvo qualche piccola incongruenza – confermano il successo delle politiche di razionalizzazione.
I posti letto ospedalieri sono diminuiti in 3 anni del 10%.
Ugualmente positiva l’inversione di tendenza per i ricoveri nei day hospital, nelle case di cura e la diffusione dei servizi territoriali.
Risultati molto buoni nell’applicazione della legge 194: le interruzioni volontarie della gravidanza continuano a diminuire, nonostante la legge operi da trent’anni. E va valutato il dato che tra le donne immigrate la prevenzione è ancora difficile.
Così come confortanti sono i dati sui risparmi nella spesa farmaceutica: 57 milioni. Imperia si conferma come la Asl che realizzi risparmi maggiori: se tutta la Liguria raggiungesse questo standard si potrebbero risparmiare fino a 90 milioni. Ci sono problemi naturalmente per il funzionamento delle farmacie, ma si possono cercare insieme adeguate soluzioni.
L’astensionismo politico
Fanno riflettere i dati sulle elezioni in Liguria: quando la Regione è nata votava il 92,7 per cento, oggi il dato si è ridotto al 60,9! Che altro devono fare i cittadini per dirci che la politica deve cambiare?
Il lavoro e la crisi, il dramma dei giovani.
I dati sull’occupazione sono preoccupanti. La crisi non è finita anche se in Liguria ci sono anche dati positivi. La disoccupazione in Liguria è passata dal 4,8% del 2006 al 5,7% del 2009. Ed è soprattutto grave per le fasce giovanili. E’ drammatico che in Italia un giovane su 4 non studi e non lavori, in Liguria siamo a uno su 5. La Regione ha finanziato incentivi per le assunzioni, e qualcosa stiamo ottenendo. Ma la verità è che c’è una completa assenza di politiche nazionali capaci di affrontare questa emergenza gravissima. Le proteste contro la riforma Gelmini in realtà ci parlano di una generazione che non vede futuro di fronte a sé. Una situazione intollerabile.
Ho affermato pubblicamente che Marchionne ci ha posto un problema oggettivo: come unire diritti e competitività. Ma quando alla Fiat sono gli impiegati a decidere le condizioni di lavoro per gli operai, che hanno votato no pur sapendo i rischi che correvano, si apre un problema enorme. E questo è legato alla mancanza di prospettive per chi è fuori dal mercato del lavoro. Soprattutto se pensiamo anche alla prospettiva che tra 30 o 40 anni non ci saranno risorse adeguate per pensioni decenti.
In Liguria la tendenza occupazionale è stata gravissima lungo i 15 anni della grande crisi industriale, più grave che nel Nord Ovest. Poi in 12 anni, dopo la metà degli anni ’90, le tendenze positive hanno superato quelle delle altre regioni del Nord: nel 2007 abbiamo avuto il Pil più alto del paese, col 2,7% in più. Poi è arrivata anche da noi una crisi dall’esterno.
Oggi vediamo tendenze positive nei traffici portuali, che crescono a due cifre, e nel turismo, soprattutto per la presenza di stranieri. Questo ci dice che la Liguria è più pronta a intercettare la ripresa che viene dai mercati stranieri. E infatti aumentano anche le nostre esportazioni. Questo ci fa dire che può vincere un modello basato sulla valorizzazione della funzione portuale, turistica e sulle nuove tecnologie. Naturalmente il nostro territorio ha bisogno di infrastrutture, che però per la prima volta dopo tanti anni ora sono in fase di realizzazione.
Attendiamo una verifica importante sui dati dell’occupazione con marzo, quando ci saranno i dati del 3° trimestre 2010. Penso che purtroppo debba essere riconsiderata la cifra positiva dell’ultimo trimestre 2009 rispetto all’ultimo 2008, che dava 21 mila posti in più. Anche io avevo sperato che fosse un indicatore di uscita dalla crisi. Ma temo che le cose non stiano davvero in questi termini.
IL COMMENTO
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