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Attualità

Gianluca per quattro ore rimase appeso all'interno del suo mezzo a venti metri di altezza. Giovedì al via il processo: "A Castellucci ed Autostrade dico solo che si dovrebbero vergognare"
2 minuti e 51 secondi di lettura
di Tiziana Oberti - Andrea Popolano

GENOVA - "Era una classica giornata di lavoro che stavamo portando avanti con il collega Luigi Matti Altadonna, stavamo passando su quel maledetto ponte quando a un certo punto c'è stato il crollo, l'asfalto inizia a rompersi e noi sprofondiamo. Attimi di buio, mi accorgo che accanto a me Luigi era senza vita. A quel punto inizio a urlare il più possibile". Gianluca Ardini è uno dei pochi sopravvissuti del crollo di ponte Morandi del 14 agosto 2018 costato la vita a 43 persone.

Quasi quattro anni dopo quella tragedia e alla vigilia dell'inizio del processo Ardini racconta quei drammatici momenti a Primocanale, accanto a lui la compagna Giulia Organo che in quei giorni era in piena gravidanza in attesa della nascita di Pietro. Anche questo ha dato la forza a Gianluca di resistere per quattro ore appeso all'interno del suo furgone. "Giulia era a casa incinta e sapere che un mese dopo sarebbe venuto al mondo Pietro mi ha dato la forza di resistere" racconta ancora Ardini. Poi sono arrivati i soccorsi. "Continuavo a dire che non ce la facevo più, avevo il bacino rotto e la posizione in cui ero non era agevole inoltre l'adrenalina era calata. I soccorritori mi chiedevano come stessi, mi tenevano occupato ma ho comunque un vuoto".

Anche per Giulia, la compagna di Gianluca, ore drammatiche senza sapere cosa era successo: "Lo avevo sentito cinque minuti prima, diceva che doveva fare l'ultima consegna e poi sarebbe rientrato a casa, su questo scherziamo, a casa l'ho rivisto solo due mesi dopo - racconta Giulia -. Ho iniziato a preoccuparmi dopo che un'ora dal disastro. Lo volevo avvisare che ci sarebbe stato traffico, vedevo i messaggi arrivare ma poi non li leggeva. Lì ho capito che c'era qualcosa che non andava. Mio padre dopo un'ora e mezza senza notizie è andato fino alla sede dell'azienda per chiede informazioni. Gli hanno detto della situazione ed è tornato a casa. E' rimasto in garage a piangere, quando è salito non mi ha detto nulla. Poi ha chiamato mio suocero, ha risposto mia mamma e lì ho sentito che Gianluca era vivo".

Sergio Gazzo, è uno dei soccorritori di quel 14 agosto 2018. E' stato lui a liberare Gianluca da quell'inferno. "Eravamo di servizio a Chiavari perché c'era l'allerta meteo. Dopo il crollo siamo andati subito sul posto. Gianluca di avere un vuoto ma è stato veramente cooperativo. Un soccorso con tutte le difficoltà del caso a venti metri di altezza. Poi infine la grande soddisfazione di poter parlare con Gianluca" ricorda il vigile del fuoco. Una volta ripreso è iniziata la lunga riabilitazione, fisica e psicologica. "Mi sentivo a disagio (per essere uni dei sopravvissuti ndr), mi sentivo in difetto con i parenti delle vittime. Poi grazie all'analisi ho capito che in fondo non era colpa mia (se sono sopravvissuto ndr). Non è stato facile superare questa cosa, soprattutto all'inizio".

Il processo con i 59 imputati è pronto a iniziare, tra questi c'è anche l'ex amministratore delegato di Autostrade per l'Italia Giovanni Castellucci. "Ce ne sarebbero tante di cose da dire a Castellucci - precisa Ardini -. E' una cosa troppo grande quella che hanno fatto, lo sapevano come era conciato quel ponte e nascondere una cosa del genere per guadagnare dei soldi è vergognoso. L'unica cosa che mi viene da dire è vergogna".

Poi il ricordo di Luigi Matti Altadonna: "Era un ragazzo semplice, un bravo ragazzo. Non se lo meritava come tutti gli altri" conclude emozionato Ardini.

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