GENOVA - "Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola". Sono passati 30 anni esatti dalla morte di Paolo Borsellino, magistrato palermitano in prima linea nella lotta alla mafia. Era il 19 luglio 1992 quando Borsellino insieme agli uomini della sua scorta furono vittime della strage di via D'Amelio a Palermo. Borsellino aveva 52 anni. Insieme a lui morirono i cinque agenti: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Anche Genova e tutta la Liguria ricordano quella pagina di storia recente dell'Italia.
Quel 19 luglio dopo aver pranzato a Villagrazia di Carini con la moglie e i figli Borsellino si recò insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove vivevano sua madre e sua sorella Rita. Alle 16,58 una Fiat 126 imbottita di tritolo, che era parcheggiata sotto l'abitazione della madre, esplose al passaggio del giudice. L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo. Il 24 luglio circa 10 000 persone parteciparono ai funerali privati di Borsellino. La morte avvenne pochi mesi dopo quella di Giovanni Falcone, altro simbolo della lotta alla mafia, ucciso nella strage di Capaci.
Ad aprile nel corso di un evento organizzato al teatro Carlo Felice dal movimento delle Agende Rosse di Pino Carbone il fratello Salvatore disse a Primocanale: "Mio fratello Paolo è stato ucciso da pezzi deviati dello Stato" GUARDA QUI L'INTERVISTA A SALVATORE BORSELLINO
In consiglio regionale in Liguria è stata ricordata la figura di Borsellino e della scorta con un minuto di silenzio. "A trent'anni di distanza purtroppo non è stata fatta ancora piena luce sull'attentato di via D'Amelio, che rimane oggetto di uno dei più gravi e dolorosi depistaggi nella storia giudiziaria italiana" ha detto il presidente del Consiglio regionale della Liguria Gianmarco Medusei. "Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono diventati il simbolo dell'Italia che combatte contro il crimine organizzato di stampo mafioso. Oggi più che mai rappresentano un fulgido esempio per gli uomini delle istituzioni, che a ogni livello sono chiamati a combattere la mafia".
Anche il premier Mario Draghi ha ricordato la figura del magistrato: "Borsellino è un eroe della Repubblica: insieme a Giovanni Falcone ha inferto colpi durissimi ai vertici di Cosa Nostra e posto le basi per un nuovo modo, moderno ed efficace, di combattere la mafia. L’uccisione di Giovanni Falcone cinquantasette giorni prima non aveva scalfito la determinazione di Borsellino nel portare avanti le indagini su Cosa Nostra. La sua morte rimane una macchia sulla nostra storia e sulle nostre istituzioni che non seppero proteggerlo".