GENOVA - C’è poco da stupirsi a leggere le percentuali che Bucci e Toti "guadagnano" nel consenso dei cittadini genovesi e liguri. Bucci è entrato nel settimo anno di governo genovese e il suo gradimento resta sopra il 50 per cento, anche se è in calo. C’è un logoramento fisiologico nel tempo che passa, ma è leggero. Il sindaco-manager, come viene un po' riduttivamente definito, paga un po' il secondo mandato, che è notoriamente molto più faticoso del primo. E poi forse sconta un po' anche la sua strategia di imporre grandi "vision" della città, prospettive larghe di sviluppo, "mirate" attraverso grandi opere in itinere o lanciate nei programmi. Ci sono opere che vanno, come il Water front di Levante, come gli insediamenti di Esse Lunga, altre totalmente realizzate e non certo solo il Ponte San Giorgio e opere-scommessa come la Grande Diga, "battezzata" con una prima pietra, il tunnel sub portuale, la famosa funivia per Begato, la nuova via Lungomare Canepa eccetera eccetera.
Queste suscitano consenso perché impongono un modello di città che sta cambiando, insieme a tanti eventi spinti molto dalla propaganda bucciana a incominciare dalla Ocean Race di questi giorni. E qui il consenso si può dividere tra chi "crede" fermamente in quella spinta e chi, invece, si mette a contare le difficoltà e i ritardi.
Si veda l'Hennebique fermo al palo, la nuova "Miralanza" in Valpolcevera e le famose pedonalizzazioni tanto chiacchierate e anche tanto attese. Si veda il Ponente che si ribella ad altri insediamenti portuali e industriali.
Poi c’è un secondo aspetto meno spettacolare che può far perdere qualche punto a Bucci ed è lo "stato" della città nella sua quotidianità, la manutenzione che soffre molto, il traffico tornato a un disordine stabile, quartieri come il centro di Piccapietra un o’ abbandonati, la “rumenta” che migliora la raccolta, ma è ancora lontana da standard di una "capitale".
Emerge in questa prima tabella un dato chiaro sulla inconsistenza dell’opposizione in Comune, che non riesce a imporre un sua identità. Il dato sotto il 30 per cento fotografa chiaramente la mancanza di un vero leader "contro" la maggioranza di Bucci. Non lo è diventato il suo ultimo competitor, Ariel Dello Strologo, né alcuna altra figura in campo. Sono bravi ragazzi e brave ragazze. Ma non hanno il carisma necessario per imporsi sulla scena e questo, a quasi metà del secondo mandato, pone problemi non secondari per la prossima sfida comunale del 2027. Le grandi battaglie si preparano. In questo caso c’è ancora tempo ma l’opposizione non da segni in questo senso.
In Regione i numeri sono un po’ diversi e anche qui Toti paga il passare del tempo come ogni leader che amministra. È sotto il 50 per cento e vede all’orizzonte la fine del secondo mandato. E’ finita la spinta del dopo pandemia, nella quale la grande visibilità e il grande lavoro della Sanità potevano avere giocato a gran favore della sua maggioranza.
Toti beneficia, essendo in parte anche il regista più o meno "visibile", del traino che la sintonia con Bucci e con Signorini esercita complessivamente in Liguria. La scia del sindaco, soprattutto nelle vicende del Morandi, con la coincidenza tra i due commissari all’Emergenza e alla Ricostruzione, ha sicuramente giovato anche al presidente della Regione che puntando molto sulla comunicazione non perde colpi in questo ticket, che mette insieme Comune, Regione e Porto, diventato il grande asset di movimento.
Ma il tempo passa e l’immagine di Toti a più volti, quello di "capo" della Regione, ma anche di politico ben esposto sulla scena nazionale, con una visibilità che nessun altro presidente di Regione ha, grazie a "Noi Moderati" e al civismo presto sposato questa vola aderendo anche alla soluzione Scajola di Imperia, resta ancora forte.
La fine che si avvicina del secondo mandato, che vuol dire dieci anni di governo, tanta roba di questi tempi, pone sicuramente molte domande all’elettorato, ancora impegnato e non in fuga dalle urne. La domanda se Toti cercherà il terzo mandato o punterà su una carriera politica nazionale per la quale si è molto speso in questi anni e che potrebbe trovare molte ispirazioni nel dopo Berlusconi, nella costruzione di un centro moderato, apparentemente un’”abito su misura” sull’ex direttore Mediaset , è decisiva nel giudizio nei suoi confronti.
In via Fieschi il flop dell’opposizione è ancora più marcato, perché oramai da più di sette anni, quasi otto, sotto il dominio di una maggioranza non sempre coesa, anzi, le occasioni non sono mai state colte.
La figura di un leader contro non si è ancora profilata ed è difficile ricostruire una strategia di opposizione, spesso capace solo di singole sparate nel vuoto e di rifugiarsi nell’alibi di non avere audience presso gli organi di informazione e dei mass media in generale. E questo accade quando all’ex presidente Claudio Burlando bastano una intelligente chat e una adunata molto riuscita per riemergere dai suoi boschi di moderno Cincinnato.
IL COMMENTO
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