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Il segretario regionale della Cisl: "Le aziende motivino di più i dipendenti"
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di Andrea Popolano
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GENOVA - Lavori di bassa qualità e scarsamente pagati, un fenomeno sempre più diffuso a livello nazionale che colpisce anche la Liguria. E così nei primi 3 mesi di questo 2023 sono state quasi 11,5 mila le dimissioni volontarie dal lavoro nella regione, dato che rappresenta oltre il 30% del totale. I dati Inps fotografano la situazione. Delle 36 mila cessazioni dei rapporti di lavoro registrato quasi 7 mila riguardano contratti a tempo indeterminato. Una situazione di malcontento che colpisce soprattutto i giovani entro i 30 anni un po' in tutti i settori: commercio, ristorazione, scuola, sanità e professionalità scientifiche, tecniche e di amministrazione.

Numeri che lasciano il segno. Dall'altra parte però aumentano i contratti. Secondo le previsioni dopo un luglio col segno più anche agosto chiuderà con un aumento dell'occupazione in Liguria: secondo i dati di Unioncamere sono previste 8.150 assunzioni in tutta la regione, quasi 500 in più rispetto all'agosto del 2022.

Ma l'allarme per le dimissioni volontarie c'è. La quota delle dimissioni da occupazioni a tempo indeterminato rappresentano la maggioranza. Sono state, infatti, 6.618, il 57,9% del totale. Sono state 4.643 le cessazioni per dimissioni nel settore "commercio, ospitalità e ristorazione" a fronte delle 1.816 nelle attività professionali scientifiche, tecniche e di amministrazione, delle 1.344 nelle costruzioni, delle 1.022 di scuola, sanità e amministrazioni pubbliche. Più contenuti i dati dei residui settori. A lasciare il lavoro sono i giovani fino a 29 anni in tutti i settori: 3.239 in un trimestre, il 28,2% del totale. Quelli che hanno lasciato il lavoro a tempo indeterminato sono 969. Si sono dimessi 802 giovani con contratti a termine, 967 in apprendistato, ai quali si aggiungono 56 stagionali, 190 somministrati, 245 con contratto intermittente. 

"I giovani rinunciano al lavoro perché non si sentono attratti da lavori di bassa qualità e scarsamente pagati - denuncia il segretario generale della Cisl Liguria Luca Maestripieri -. E così questo lavoro non è più considerato un mezzo per realizzare il proprio futuro, i propri sogni e le proprie aspettative".

A dar le dimissioni sono stati 6.852 uomini (che rappresentano il 57% della forza lavoro e il 60% delle dimissioni volontarie del primo trimestre 2023) e 4.567 (che rappresentano il 43% della forza lavoro e il 40% delle dimissioni). L'incidenza delle dimissioni volontarie ha, però, percentuali differenti a seconda delle fasce di età, Le donne si dimettono più spesso tra i 30 e i 50 anni, in corrispondenza della necessità di seguire i figli o gli anziani di famiglia, incombenza che spesso ricade per la maggior parte proprio sulle loro spalle Se le dimissioni delle donne sono il 39,3% del totale fino ai 29 anni e il 37,8 oltre i 51 anni, tra i 30 e i 50 anni la percentuale sale al 42%. "Per le donne più che per gli uomini, purtroppo, resta ancora difficile conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia" sottolinea il segretario generale della Cisl Liguria.

"Insoddisfazione dei più giovani, incapacità o mancanza di volontà di molte aziende di premiare e incentivare le iniziative dei singoli dipendenti, scarsa fiducia nel futuro: sono queste le cause di un fenomeno che anche in Liguria sta assumendo dimensioni allarmanti" prosegue Maestripieri, secondo il quale "queste cifre ci dicono soprattutto una cosa: oggi, più che in passato, è necessario instaurare nuovi e più solidi rapporti tra aziende e dipendenti – continua il segretario generale Cisl della Liguria –. Rapporti basati sulla conoscenza reciproca e sulla capacità di individuare le potenzialità di crescita delle singole persone premiandone valore, intuizioni, qualità. Purtroppo, sono sempre più rari i casi in cui i riconoscimenti professionali rappresentano un incentivo non solo a restare in azienda, ma anche e soprattutto a farla crescere. È avvilente, anzi, constatare come spesso non siano prese in considerazioni le aspettative dei dipendenti, che vanno al di là della retribuzione tout cour".

Secondo Maestripieri "appare invece evidente che le aziende capaci di coltivare i propri talenti, ascoltandone la voce, sono quelle meglio posizionate sul mercato del lavoro. Quelle che, al contrario, non sono in grado di crescere insieme ai propri dipendenti rappresentano la fascia più debole. E lo stesso discorso vale per la pubblica amministrazione, dove in molti casi sono proprio le persone di qualità a essere penalizzate. La Cisl è impegnata in queste settimane a raccogliere firme in calce alla proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori. Proponiamo un modello che potrà aiutare ad impostare un nuovo e più sano equilibrio tra aziende e mondo del lavoro" conclude Maestripieri.

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