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Attualità

Sono 38.635 le tonnellate di soli imballaggi in plastica raccolte in Liguria in un anno. A livello nazionale il dato è di 1.476.865 tonnellate. Il direttore scientifico dell'Istituto italiano di tecnologia traccia la strada da seguire
2 minuti e 36 secondi di lettura
di Andrea Popolano

LIGURIA - Un dato: 38.635 tonnellate. È questo il peso della quantità di soli imballaggi in plastica raccolto l'anno scorso in Liguria. A livello nazionale il numero sale a 1.476.865 tonnellate.

Per semplificare ancora: ogni cittadino ligure produce 25,6 kg di rifiuti in imballaggi in plastica nell'arco di un anno. In realtà questa è solo la parte che viene riciclata, c'è poi tutta quella prodotta ma che viene o smistata male o persa nell'ambiente, e poi le altre tipologie di plastiche. In generale ogni italiano produce 518 kg di rifiuti e avvia al riciclo 277 kg di materiali.

Se a Genova la raccolta differenziata fatica a raggiungere i livelli delle altre grandi città del Nord Italia in tutta la Liguria la percentuale complessiva di raccolta differenziata è pari al 57,64%: dato che comprende tutte le diverse tipologie di rifiuti, non solo la plastica.

Tuttavia la plastica rappresenta una percentuale decisamente alta di materiale prodotto e che poi andrebbe differenziato. Nella maggior parte dei casi ognuno si trova a fare i conti con imballaggi e materiali come bottigliette, flaconi dei detersivi, vaschette e confezioni alimentari, polistirolo, tappi, cellophane, piatti e bicchieri monouso solo per citarne alcuni.

E il problema sembra essere proprio alla radice: ovvero al momento della produzione del materiale che andrà poi a finire negli scaffali dei supermercati prima, nella abitazioni dei cittadini poi e infine diventerà rifiuto. Per convertire il concetto servirebbe stravolgere completamente il modo di produrre. Ne è convinto Giorgio Metta, direttore scientifico dell'Istituto italiano di tecnologia di Genova. Sono infatti molti i ricercatori impegnati anche in questo campo all'interno della realtà genovese con start up che lavorano proprio in questa direzione.

"Noi lavoriamo su tre settori: sanità, robotica e poi c'è la parte dei materiali che ha un impatto rispetto alla transizione energetica e anche alla sostenibilità ecologia - spiega Metta - . Tutto il processo di generazione dei rifiuti ha un impatto rispetto all'ambiente: possiamo fare molto cambiando i materiali e come realizziamo le cose. In quanto tempo? Già adesso, una delle nostre start up produce plastiche bio completamente compostabili, quindi potremmo già andare a sostituire molti dei materiali in plastica che usiamo nella vita quotidiana con questi altri materiali".

Se un imballaggio di plastica diventa compostabile allora può essere buttato nella raccolta organica e tornare dunque nell'ambiente. Ma la presenza di start up lanciate dall'Iit che fanno ricerca e lavorano costantemente in ambito transizione energetica e ambientale permettono di capire quanto è l'interesse che ruota attorno al settore.

Esistono diverse realtà impegnate nel settore, solo per citarne alcune: c'è la BeDimensional, lanciata nel 2016 che si dedica allo sviluppo di materiali per l'industria manifatturiera tramite l'introduzione di cristalli bidimensionali di nuova concezione, tra cui il grafene. C'è la Ribes Tech che si occupa di sviluppare una tecnologia fotovoltaica stampata su un rullo basata su polimeri che possono essere utilizzati per integrare fonti di energia in prodotti per i consumatori. Poi ci sono le realtà in rampa di lancio come OnLeaf che propone nuove tecnologie bioispirate e miniaturizzate per l'agricoltura di precisione e la bioingegneria delle piante con il fine di aumentare la produttività e diminuire l'uso dei pesticidi.

 

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