ROMA - Slitta di nove giorni l'incontro tra sindacati e governo che era previsto per oggi alle 11 e che invece è stato posticipato al 20 dicembre, a cinque giorni da Natale. I rappresentanti dei lavoratori, anche in segno di protesta e per mantenere alta l'attenzione, hanno deciso di ritrovarsi ugualmente di fronte a palazzo Chigi per ribadire la necessità che Acciaierie d'Italia ritorni in mano pubblica.
Quello che appare sempre più limpido è che il socio di maggioranza, Arcelor Mittal, voglia fare definitivamente un passo indietro, indirizzando lo Stato italiano a prendersi le quote di Acciaierie d'Italia, che già gestisce la controllata Invitalia con il suo 38%. La richiesta che arriva dai sindacati è chiara: l'ex Ilva deve tornare pubblica, non ci sono alternative.
I sindacati non nascondono lo spettro del tracollo produttivo e del disastro occupazionale per la più grande azienda siderurgica italiana, vitale non solo per il comparto dell'acciaio ma anche per le altre filiere produttive. Il 20 dicembre si terrà l'incontro tra governo e sindacati, mentre due giorni dopo, il 22 dicembre, scatterà un altro faccia a faccia determinante tra i vertici di Acciaierie d'Italia. Nel frattempo, sullo sfondo, servono 300 milioni di euro sull'unghia, come si suol dire, per rilanciare subito la produzione e pagare la fornitura di gas.
"Il 20 dicembre o c'è una risposta che dà garanzie rispetto alla salita del socio pubblico dentro Acciaierie d'Italia e quindi prende in mano il governo la gestione dell'azienda con un elemento di garanzia per i lavoratori e per le produzioni o noi non andremo via - così davanti a Chigi ha tuonato il segretario generale della Fiom-Cgil Michele De Palma -. Il 20 dicembre chiediamo risposte definitive. Se non ci saranno rimarremo di fronte a palazzo Chigi. È finito il tempo del confronto tecnico, ci vuole una decisione politica. L'unica soluzione possibile è la gestione da parte del pubblico".
Dal polo siderurgico di Genova Cornigliano lavoratori e sindacati denunciano da tempo la mancanza di investimenti e le precarie condizioni di sicurezza. Sono infatti stati tanti gli incidenti che si sono susseguiti nei mesi all'interno dello stabilimento che, accusano i sindacati, lavora al 20% delle sue possibilità nonostante il mercato invece sia vivo e in Italia e all'estero l'acciaio abbia ancora un ruolo rilevante. In questa situazione diventano sempre più decisivi gli incontri del 20 e del 22 dicembre.