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"Lo scorso fine settimana si sono verificati a distanza di poche ore un infortunio grave a un occhio di un collega e la caduta di una pinza e di un rotolo da diverse tonnellate" si legge nella nota dei sindacati
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di Giorgia Fabiocchi

GENOVA - I lavoratori ex Ilva non trovano pace: se da una parte c'è la trattativa estenuante tra governo e Arcelor Mittal, che viene rimpallata ogni settimana; dall'altra nello stabilimento il tempo sembra non essere magnanimo e la lavorazione degli effetti è nefasta. Le rsu e rls di Acciaierie d'Italia di Genova denunciano nuovi episodi di mancata sicurezza.

"Lo scorso fine settimana si sono verificati a distanza di poche ore un infortunio grave a un occhio di un collega e la caduta di una pinza e di un rotolo da diverse tonnellate" si legge nella nota dei sindacati. 

Si tratta di eventi che, per le rsu e le rls, sono iscrivibili alla mancanza di pezzi di ricambio, causata dall'assenza di liquidità e di credito bancario, oltre alla carenza di personale manutentivo. "Malgrado le raccomandazioni del ministero del Lavoro, viene mantenuto in cassa integrazione per ridurre i costi del personale" prosegue la nota. 

Sono giornate di forte preoccupazione quelle che stanno vivendo i lavoratori di Acciaierie d'Italia che attendono le prossime mosse del governo, dopo aver dichiarato ufficialmente che l'unica strada possibile è quella di far tornare l'ex Ilva in mano pubblica (LEGGI QUI).

"Non sono più soltanto le nostre voci a gridare che non c'è più tempo. Anche i fatti lo dimostrano con sempre maggiore frequenza. Mentre qualcuno non ha la determinazione per decidere, qui in stabilimento rischiamo costantemente la nostra vita" hanno concluso i rappresentanti di rsu e rls di Acciaierie d'Italia di Genova.

Nel frattempo in calendario sono due le date da cerchiare in rosso: quella del 20 e quella del 22 dicembre. Nella prima si incontreranno governo e sindacati, nella seconda invece si terrà un'altra assemblea dei soci di Acciaierie d'Italia. Se da un lato Arcelor Mittal ha ribadito l'intenzione di voler cedere le quote di maggioranza (62%), dall'altro i sindacati non hanno più dubbi, unica soluzione è che lo Stato prenda in mano la situazione.

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