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Attualità

Quello che appare sempre più limpido è che il socio di maggioranza, Arcelor Mittal, voglia fare definitivamente un passo indietro, indirizzando lo Stato italiano a prendersi le quote di Acciaierie d'Italia
1 minuto e 24 secondi di lettura
di Giorgia Fabiocchi

ROMA - Nuovo incontro e nuova partita in orbita ex Ilva, dove domani, venerdì 29 dicembre alle 16 ndr, si confronteranno ancora una volta sindacati e governo. L'appuntamento è stato fissato a palazzo Chigi tra i segretari generali di Fiom Cgil, Fim Cisl, Uil e UglM. Il tavolo di confronto era in agenda dopo il rinvio - l'ennesimo - della scorsa volta. L'ultimo incontro si era tenuto il 20 dicembre, in quell'occasione il governo di Giorgia Meloni aveva assicurato l'intenzione di garantire la continuità aziendale, senza abbandonare a se stessi i lavoratori e il comparto siderurgico. Proprio in quelle ore i sindacati avevano contestato il rinvio dell'esecutivo, protestando sotto la sede di palazzo Chigi.

Quello che appare sempre più limpido è che il socio di maggioranza, Arcelor Mittal, voglia fare definitivamente un passo indietro, indirizzando lo Stato italiano a prendersi le quote di Acciaierie d'Italia, che già gestisce la controllata Invitalia con il suo 38%. La richiesta che arriva dai sindacati è chiara: l'ex Ilva deve tornare pubblica, non ci sono alternative. Nessuno nasconde lo spettro del tracollo produttivo e del disastro occupazionale per la più grande azienda che gestisce l'acciaio, vitale anche per le altre filiere produttive. Sullo sfondo, servono 300 milioni di euro sull'unghia, come si suol dire, per rilanciare subito la produzione e pagare la fornitura di gas.

Le parti sociali premono, oramai da tempo, per una svolta, perché, spiegano, "non possono esserci più rinvii né dilazioni di tempo". La richiesta è chiara: nazionalizzare l'ex Ilva lasciando fuori dalla porta Arcelor Mittal. A chiederlo i lavoratori di tutti i poli siderurgici, perché quello di Genova è legato a stretto giro a quello di Taranto, dove si dovrà pensare un modello di sviluppo compatibile con l'ambiente ma che sappia garantire occupazione.

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