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Attualità

Resta la cassa integrazione per i lavoratori dello stabilimento genovese: alcuni hanno da tempo lo stipendio ridotto al 50%
1 minuto e 57 secondi di lettura
di Eva Perasso

Dopo la fumata nera dei Mittal ieri a Roma e il rifiuto di ribaltare le quote di Acciaierie d'Italia tra il socio pubblico Invitalia e Arcelor Mittal con il socio pubblico che sarebbe salito al 66% (LEGGI QUI), i sindacati sono stati convocati a Roma per un incontro il prossimo giovedì 11 gennaio.

"Qualcuno si aspettava già una soluzione ma era ovvio che non potesse essere così - spiega a Primocanale Nicola Appice, RSU FIM CISL Acciaierie d'Italia - anche se i sindacati chiedono una alternativa veloce. Arcelor Mittal aveva già fatto capire che non voleva più investire in Italia".

Sul futuro prossimo, per Appice "la prima mossa del governo per la nazionalizzazione di Acciaierie d'Italia è che possa dare una speranza a questo polo siderurgico che rimane il più importante d'Europa. L'acciaio in Italia deve essere strategico, nelle prossime ore lo scenario è in salita perché il governo dovrà cercare vie legali per cacciare Arcelor Mittal e aprire un negoziato che possa dare uno spiraglio".

Un futuro che preoccupa i molti lavoratori di tutti gli stabilimenti, da Taranto, alla Liguria, al Piemonte: "I lavoratori sentono il peso di questa situazione, sia a livello economico sia lavorativo. I lavoratori diretti ma anche i fornitori e le aziende in appalto sono in ritardo con gli stipendi: serve una azione concreta del governo, economica, e poi bisogna trovare un altro socio che possa dare una soluzione diversa".

A Genova ci sono mille lavoratori diretti e per quanto riguarda la cassa integrazione straordinaria, che era stata prolungata fino al 31 dicembre, c'è stata subito una nuova proroga: "Nel 2024 non è cambiato nulla - continua Appice - la cassa integrazione è un elemento che siamo abituati ad avere al nostro fianco: all'interno degli stabilimenti c'è una rotazione del personale, una parte viene colpita meno, ovvero due-tre giorni al mese, e già su uno stipendio medio c'è un abbattimento di 200 euro, ma abbiamo anche gruppi di lavoratori che subiscono la cassa in modo massiccio, ad esempio le spedizioni fanno anche 10 giorni di cassa al mese, quasi il 50 per cento, con un abbattimento dello stipendio piuttosto alto. Abbiamo anche una parte dei lavoratori in amministrazione straordinaria, circa 250 lavoratori, che hanno un percorso prestabilito per cui fanno la cassa integrazione ma contemporaneamente svolgono lavori di pubblica utilità e hanno quindi hanno una integrazione al reddito".

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