GENOVA - Parte dalle aree ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia, il viaggio di Primocanale negli spazi inutilizzati o sottoutilizzati della città di Genova, aree dove si potrebbero creare nuovi servizi per i cittadini o nuove opportunità di sviluppo per la città.
Il colosso dell'acciaio, per il momento controllato dai franco-indiani di Arcelor Mittal (che detengono il 62% delle quote mentre la partecipata statale Invitalia è al 38%), sta attraversando un lungo periodo di crisi con mille lavoratori dal futuro incerto, a cui si aggiungono i 230 in amministrazione straordinaria dal 2005. Situazione che continua a peggiorare, con altri 250 lavoratori a rischio dopo lo stop alla fornitura di acido cromico, fondamentale per la produzione della latta, e il mancato revamping di un forno, entrambi per il timore da parte delle aziende coinvolte che i pagamenti possano non essere effettuati (LEGGI QUI).
Il divorzio tra Arcelor-Mittal e il Governo italiano per la gestione dell'azienda è imminente (LEGGI QUI), i franco-indiani stanno cercando di sfilarsi e a Roma ministri e sindacati stanno facendo il possibile per salvare l'azienda e i lavoratori. È in questo contesto che il Comune di Genova ha raccolto le manifestazioni di interesse di quattro colossi della logistica e dello shipping per 260mila metri quadri di quest'area - grande un milione e 80mila metri quadri - con lo scopo di creare un polo per la logistica predittiva e, secondo le stime dell'ente, 410 posti di lavoro. Logistica che "può essere al servizio dell'acciaio" spiega il consigliere delegato ai nuovi Insediamenti Aziendali del Comune di Genova Davide Falteri, il primo dei soggetti interpellati da Primocanale sull'argomento. Le aree secondo Falteri "non sono tutte necessarie per portare avanti quello che sarà il futuro piano industriale dell'acciaio" ma "una parte potrebbe essere destinata a dare una valvola di sfogo alle operazioni portuali".
"Lo dico con il rispetto di quello che è il mondo dell'acciaio - sottolinea Falteri -, che chiaramente va salvaguardato e va tutelato in relazione al fatto che ci sono tanti lavoratori che oggi chiaramente non hanno contezza di quello che sarà il loro futuro".
L'idea è quella che un polo logistico possa diventare un valore aggiunto per l'acciaio, che "ha bisogno di logistica - dichiara Falteri -. La logistica oggi è sempre più interconnessa attraverso la ferrovia, con quelli che sono gli interporti e le reti, i corridoi europei. Quindi avere una banchina, avere una ferrovia, avere la possibilità di fare anche la logistica dell'acciaio e collegarla con quello che potrebbe essere lo sviluppo anche verso un ipotetico retroporto, dry port (ovvero un terminal collegato via strada o ferrovia ad un porto che serve a smistare le merci marittime verso le aree interne), nel basso Piemonte. Sicuramente per l'acciaio può essere solo un valore aggiunto, anche perché, valutando chiaramente quella che è la portata delle banchine, determinati prodotti dell'acciaio di grandi dimensioni non possono essere trasportati nemmeno via treno, quindi la nave a volte si rende necessaria. Basta trovarlo e basta definirlo in una fase di accordo dove la logistica, oltre che al servizio del ciclo operativo portuale, è anche a servizio dello sviluppo dell'acciaio".
C'è un problema di natura geografica che tocca il tema della nostra inchiesta: secondo Falteri infatti "l'orografia del nostro territorio non ci permette di avere grandi spazi da poter utilizzare per dar sfogo al ciclo operativo portuale" e da lì l'idea di trovare per il porto uno sviluppo nel basso Piemonte "dando attuazione a quelli che vengono chiamati dry port e sfruttare ad esempio la Valpolcevera che prosegue naturalmente verso il basso Piemonte per sviluppare tutta una serie di attività collegate alla logistica, come ad esempio i magazzini doganali".
Per quanto riguarda Genova, Falteri definisce "un investimento infrastrutturale importante" quello sulla nuova diga, sul Terzo Valico, quella che sarà la Gronda, al raddoppio della rete ferroviaria e al collegamento con il porto di Savona. "Quindi abbiamo una grande responsabilità - spiega -, quella di ottimizzare al massimo questi investimenti. Se noi non abbiamo un accesso diretto sia dal punto di vista ferroviario e sia dal punto di vista della banchina verso la Valpolcevera, che si collega al basso Piemonte, creiamo un tappo. E chiaramente ci allontaniamo da quello che è l'obiettivo di aumentare il nastro operativo portuale logistico alle 24 ore, come accade in molti porti del Nord Europa. Questo vuol dire avere competitività e dare competitività al mondo industriale. Non dimentichiamo che la logistica è comunque un soggetto che è al servizio della competitività industriale, quindi non è fine a se stessa".