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Attualità

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di Riccardo Olivieri
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GENOVA - Prosegue il viaggio di Primocanale nel milione e 80mila metri quadri di aree ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia, il primo degli spazi inutilizzati o sottoutilizzati di Genova analizzati nella nostra inchiesta. Dopo l'intervista al consigliere delegato ai nuovi Insediamenti Aziendali del Comune di Genova Davide Falteri (LEGGI QUI), abbiamo parlato con Rocco Genco di Fim Cisl Liguria, che ha lavorato in azienda a partire dalla fine degli anni '70.

"Un tempo le aree erano il doppio - racconta Genco -, c'era tutta l'area caldo, altoforno, cokeria e l'acciaieria che sono state dismesse. Oggi abbiamo solo 1.080.000 metri quadri, diciamo di area che lavora alla lavorazione a freddo, una scelta che è stata fatta nel 2005". Negli ultimi anni non solo si sono ridotte le aree ma anche la produzione: per quanto riguarda l'acciaio zincato è passata da 399mila tonnellate del 2022 a 287 mila tonnellate nel 2023 mentre per la banda stagnata si è scesi a 79mila tonnellate, a fronte di una capacità produttiva che è di 220mila tonnellate annue. "È ovvio che se un'azienda come questa non si investe da dieci anni diventa difficile essere competitivi ed essere pronti per poter lavorare e produrre - spiega -. È paradossale che noi mettiamo in discussione la siderurgia che in questo momento va come il pane".

Il fabbisogno di banda stagnata (che fa parte del ciclo della latta) del Paese secondo i dati forniti da Genco è di circa 800mila tonnellate e "questo la dice lunga di quanto questo Paese non sia lungimirante - spiega -.Parliamo di 350mila tonnellate di prodotto che noi potremmo produrre facilmente, significherebbe avere 400-500 occupati solo per quel comparto. Perciò questo ci dovrebbe fare riflettere sul discorso delle aree della siderurgia". Aree che per il momento secondo Genco non vanno toccate: la decisione spetta a chi (probabilmente a breve) subentrerà ad Arcelor Mittal. "Noi abbiamo firmato fino al 2065 - spiega -, poi se chi viene dice che gli servono 800mila metri quadri parleremo per 800mila metri quadri con quell'azienda e due 280mila per l'altra. Ma fino a quel momento io credo che sia prematuro di parlare di aree, anche se noi siamo aperti a tutto quello che può creare posti di lavoro e non creare 19 anni di cassa integrazione come sono stati quelli della crisi Ilva, che  non ne parla quasi nessuno, ma abbiamo persone in cassa integrazione che hanno perso il 20-30% del reddito in questi 19 anni".

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La logistica quindi è un'ipotesi che non viene scartata ma solo rinviata almeno fino a quando non si troverà un interlocutore, anche se Genco ricorda che "la logistica ce la siamo sempre fatta da noi, avevamo una flotta di navi che trasportava sia all'estero che da Taranto a Genova". Un passato che oggi sembra più che mai lontano, come lontani sono i livelli di occupazione che si potevano raggiungere fino a pochi decenni fa, quando l'azienda aveva migliaia di operai: "La tecnologia e innovazioni sono, diciamo tra virgolette, nemiche della manodopera. Però io credo che qui si possa tornare a un numero notevole di lavoro se c'è, se ci sono gli investimenti. È ovvio, bisogna vedere cosa si vuol fare, se si vuole fare un prodotto di un certo tipo, se si vuole fare investimenti. Con una cifra importante investita si potrebbero avere 300-400 unità in più rispetto a quelle che abbiamo. Però tutto dipende da chi viene, da chi vuole investire, se crede nell'acciaio o meno".

 

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