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Attualità

2 minuti e 44 secondi di lettura
di Maurizio Rossi

Non sono sui social, né mai ci sono stato ma la prima puntata del mio ‘Diario di un indagato’ è finito su Facebook e quindi è stato ampiamente commentato.

La stragrande maggioranza di questi sono molto negativi verso di me, e Primocanale, ve ne mostro un parte in calce a questo articolo (specie i più duri perché è giusto che anche chi non segue Facebook, come me, possa leggere e giudicare quello che porta una campagna mediatica molto strutturata e ossessiva, volta a condannare ancor prima dei processi). Certo, è noto che la stragrande maggioranza dei commenti sono negativi e che i social sono il libero sfogo di persone che per quanto mi concerne liberamente esprimono il loro parere.

Poi, forse, in un vero dibattito non avrebbero il coraggio di farlo: alcuni si nascondono sotto falso nome, altri sono gruppi organizzati per sostenere tesi specifiche o anche di parenti, amici, giornalisti, politici, che hanno linee e obiettivi ben definiti. Ma ci sono anche sicuramente dei puri e onesti che esprimono la loro posizione che va rispettata anche se si va oltre il lecito, in alcuni casi.

Io non ho profili social ma mi arrivano direttamente su Whatsapp o via mail considerazioni positive, critiche pesanti a una stampa giustizialista e ossessiva che ha massacrato l’immagine del nostro territorio e ha già condannato questo o quello solo leggendo le intercettazioni. Quello stessa stampa che ha anche guardato dal buco della serratura storie e persone neppure indagate ma entrate nella vicenda solo perché frequentavano indagati. E anche di queste persone si sono fatti nomi e cognomi e considerazioni anche morali ed etiche del tutto inopportune.

Sicuramente devo prendere atto che di tutto quello che abbiamo fatto in oltre 40 anni questi commenti su Facebook non tengono conto.
Che abbiamo seguito il Covid come nessuno in Italia, la vicenda del Morandi dal primo minuto ad oggi, il rifiuto di prendere soldi (come tutti i media invece hanno preso) da Autostrade, è nulla confronto ad aver lavorato per la regione di Toti come hanno fatto tutti gli altri media a partire dal Secolo XIX, diretto da Ubaldeschi ante direzione Stefania Aloia.

Come se le altre regioni d’Italia non fossero i primi clienti dei mezzi d’informazione, come se la Rai non costasse ai cittadini oltre 3 miliardi di euro all’anno, 250 milioni di euro al mese, 8 milioni al giorno, oltre 300 mila euro all’ora.

Oggi il problema per tutti coloro che scrivono almeno su Facebook siamo io e Primocanale. In questo senso, cari commentatori di Facebook, ritengo sia assolutamente un mio diritto scrivere quello che ritengo sui miei media, lo devo anche a coloro che non la pensano come voi, lo devo anche all’azienda e a chi ci lavora. E lo devo a tutti coloro che, devastati da ossessive campagne di stampa, non hanno la forza per alzare la testa e ribellarsi.

Poi si può valutare assolutamente anche di mettermi da parte, come qualcuno scrive, ed anzi, se qualcuno di voi peraltro volesse aprire una trattativa per acquistare l’azienda può contattarmi e magari troveremo un nuovo editore molto più bravo di me a far quadrare i conti, pagare stipendi, compensi attrezzature tecniche, ed anche a continuare ad essere il primo gruppo editoriale ligure tra tv, social, web, app, newsletter.
Aspetto offerte concrete!
Anche via Facebook.