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Nelle ultime 24 ore non sono stati registrati nuovi ritrovamenti di cinghiali morti all'interno della zona rossa: la Liguria rimane a quota 19 capi infetti rinvenuti in Liguria
5 minuti e 6 secondi di lettura
di Au. B.

GENOVA-La peste suina africana continua a creare allarme in Liguria. È entrato in vigore questo pomeriggio il nuovo decreto legge che permetterà ai volontari del mondo outdoor di ritornare nei boschi alla ricerca di carcasse di cinghiale, ma ancora nessun restringimento della zona rossa è stato menzionato nonostante "rivedere i confini della zona rossa e allentare le misure restrittive per attività e cittadini" fosse la richiesta di 36 sindaci liguri attualmente nella zona infetta.

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Il monitoraggio, infatti, continua ad essere un punto fondamentale della lotta al virus suino, spiega Alessandro Piana, vicepresidente di Regione Liguria: "Nel nuovo decreto legge n. 9/2022 sono state confermate, in buona parte, le azioni generali discusse nelle riunioni succedutesi col Ministero a partire dalla ricognizione, cui si aggiungono in Liguria, tramite decreto dirigenziale, i volontari del mondo dell'outdoor. E' il terzo aggiornamento regionale dell'elenco dei volontari autorizzati, per la ricerca attiva delle carcasse di cinghiali e dimostra lo straordinario impegno di tutte le associazioni che vivono sul territorio, a cui va il nostro ringraziamento".

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Nelle ultime 24 ore non sono stati registrati nuovi ritrovamenti di cinghiali morti all'interno della zona rossa, così la Liguria rimane a quota 19 capi infetti rinvenuti in Liguria. Rafforzamento delle barriere per delimitare la zona rossa, depopolamento dei cinghiali nell'area colpita dalla peste suina e adeguate misure preventive per gli allevamenti di suini del territorio limitrofo: erano state queste le nuove raccomandazioni presentate dagli esperti europei nella riunione che si è tenuta tra Liguria e Piemonte al Palazzo della Prefettura di Alessandria per eradicare la peste suina. "Sono state ribadite inoltre nel decreto legge in vigore le indicazioni dei metodi ecologici - continua Piana -, le modalità di prelievo connesse esclusivamente all'esaurimento dei focolai di peste suina africana, il rafforzamento delle misure di biosicurezza degli allevamenti suinicoli e la prosecuzione della raccolta dati derivanti dalle analisi degli Istituti zooprofilattici sperimentali nel Sistema informativo veterinario del Ministero della Salute. Si istituisce infine la figura del Commissario straordinario per l'emergenza con compiti di coordinamento e supervisioni delle azioni di contrasto alla peste suina africana, che potrà adottare provvedimenti contingibili e urgenti con durata di un anno.

"È inaccettabile però che non sia ancora nominato effettivamente il Commissario per l'inizio di queste attività imprescindibili e che non sia stato deciso nulla sul riparto delle risorse finanziarie necessarie per sostenere gli interventi straordinari richiesti dalla situazione di emergenza, più volte sollecitato."

"Dobbiamo dare delle risposte concrete, anche in termini di certezze e di ristori economici, ai tanti soggetti che nel nostro territorio hanno subito gli effetti delle limitazioni imposte dalle misure di emergenza".

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Al contempo restano altri nodi da sciogliere per affrontare l'emergenza: "Spiace constatare - conclude Piana - come tra i soggetti abilitati alle azioni di prevenzione e contenimento della Peste Suina Africana non siano state inserite, secondo l’indicazione degli Uffici, le 'guardie regionali', che in Liguria hanno rilevato ogni funzione in materia di gestione e controllo faunistico, così come non sia stata colta la richiesta di introdurre, nell’ambito delle disposizioni speciali che regolano gli interventi in emergenza, la possibilità (suffragata da un parere favorevole di ISPRA, reso ancor prima che si manifestasse l’epidemia) di ricorrere ai soppressori di rumore, comunemente detti "silenziatori", e a calibri diversi (da quelli consentiti per la caccia) per l’effettuazione degli abbattimenti. L’utilizzo di tali dispositivi, da parte degli agenti preposti al controllo faunistico, consentirebbe, infatti, di ridurre al minimo gli effetti di disturbo a carico della fauna selvatica, con quanto ne consegue in termini di minore dispersione dei branchi di cinghiali; detti effetti in alcune circostanze potrebbero compromettere o ridurre significativamente l’efficacia delle operazioni di de-popolamento, previste dai protocolli ministeriali. Si chiede alle Regioni un dispendio enorme di forze e di risorse, ma non si contemplano le misure tecniche necessarie per conseguire i risultati perseguiti".

Problemi da risolvere anche per molti sindaci che con il loro Comune rientrano nella zona infetta, che si aspettavano un passo in avanti e si sono invece ritrovati con una "mano senza dita." Lo da definito così Daniele Buschiazzo, primo cittadino di Sassello.

"L'incontro promosso il 16 febbraio da Regione ed Anci Liguria è stato sicuramente positivo - si legge in una nota -. Innanzitutto, perché si è trovata un’unità di intenti a difesa del territorio e delle attività che lo vivono. Il fatto che la zona infetta vada riperimetrata e, anche al suo interno, vengano in qualche modo stabilite delle norme di fruizione del territorio (con regole di biosicurezza e informazione) è fondamentale e urgente. Dopo due anni di Covid-19 e due pesanti alluvioni (2019 -2021) le attività sono stremate e non possiamo lasciar passare mesi per uscire da questa situazione. Anche perché ben che vada uscirne significa un anno dall’ultimo ritrovamento di carcassa infetta: questo non lo dobbiamo dimenticare." 

Secondo il sindaco, il decreto riverserebbe gli interventi urgenti sulle casse di Regione Liguria e dei Comuni del territorio. Le nuove recinzioni, varate nell'articolo 5, andrebbero a pesare così sugli enti locali già colpiti dall'ordinanza regionale che vieta l'ingresso nei boschi: "Sembra che il Governo giudichi rilevante questa situazione solo per le aziende suinicole della Pianura Padana (ed emerge anche leggendo il decreto che l’unico problema è quello per Roma). Condivido che sia una priorità perché rappresentano una fetta importante del PIL italiano e, di conseguenza, eventuali conseguenze negative ricadrebbero su tutti e, giustamente e legittimamente, le lobbies economiche fanno sentire la loro voce. Tuttavia, chi ne sta subendo le conseguenze negative (con il rischio di una desertificazione economica totale) è un territorio che dopo il Covid cominciava a proporre un modello di sviluppo realmente sostenibile. Questo secondo aspetto non è affatto considerato dal Governo (non si è mai parlato concretamente di ristori alle altre attività economiche diverse dalla zootecnia, né di investimenti forti su un territorio già duramente colpito da altre avversità). Quindi, anche da parte nostra come Sindaci, dovremo pensare azioni più eclatanti e incisive (ovviamente nei limiti della legalità) per portare la nostra voce laddove oggi non è affatto ascoltata."

 

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