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Attualità

Per attraversare il confine con la polonia sono rimasti per ore a -5° in fila senza potersi allontanare
1 minuto e 43 secondi di lettura
di Emanuela Cavallo

LA SPEZIA - Kateryna non si ferma da sei giorni, da quando il suo nipotino rispondendo alle videochiamata mattutina di saluto le ha detto "zia qui c’è la guerra". Da quel momento ha fatto il possibile: ha chiesto aiuto alle sue amiche, ha attivato una raccolta solidale e ha atteso che sua sorella e suo nipote arrivassero dall’Ucraina alla Spezia.

Nadia con il figlio di soli 5 anni è ora in Val di Magra e si è ricongiunta a lei e alla loro mamma.

Da Leopoli all'Italia ha affrontato il lungo e durissimo viaggio ed è tra le prime profughe ad essere arrivate in Liguria. La fila d’auto che portava al confine con la Polonia era di oltre venti chilometri e da quel momento Nadia e il figlio hanno proseguito a piedi. Sono rimasti per ore a -5° in fila senza potersi allontanare. Ad attendere il proprio turno, come loro, c’erano mamme con bimbi anche di pochi mesi. Il marito di Nadia è rimasto in Ucraina e a Leopoli la situazione è tragica. A chi è rimasto occorre tutto, come per chi supera il confine. Le valigie restano lì abbandonate, se si scappa non si porta nulla.

Anche Oleksander è fuggito con la sua famiglia, sua moglie e i loro bimbi di sei e nove anni. "Abbiamo deciso di scappare da Kiev ai primi bombardini per salvare i nostri bimbi - racconta -. Durante il viaggio avevamo tantissima paura, c’erano molti droni che volavano sopra le auto in fila. Abbiamo trovato il contatto di Kateryna e siamo arrivati qui. Ora cercheremo di fare il possibile per chi è rimasto in Ucraina".

La raccolta solidale, avviata da Kateryna con l’amica polacca Beatrice, prosegue e ha trovato il supporto della Caritas diocesana che ha messo a disposizione per lo stoccaggio e divisione dei materiali dei propri spazi a Santo Stefano Magra. La Prefettura spezzina si è già attivata per gestire questa nuova emergenza.

Intanto, giungono notizie di altri profughi in arrivo e la Caritas fa da punto di riferimento anche nel gestire le persone che scappano dalla guerra con propri mezzi.

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