CHIAVARI - Il pentolone che arriva dalla cucina è pieno di un profumato risotto ai funghi e lenticchie. I volontari armati di mestolo lo mettono dentro ai contenitori di plastica, li riempiono fino al bordo, lasciando solo lo spazio per chiuderlo, e lo ripongono nei sacchetti che contengono anche spezzatino e piselli, un kiwi, un arancio, pane e fette biscottate. Ripetono l'operazione per cinquanta volte, tante hanno calcolato che saranno oggi le persone che arriveranno alla mensa dei poveri dei frati Cappuccini di Chiavari. "Mediamente sono 50 o 60 ogni giorno. Noi serviamo i pasti dal lunedì al sabato mentre la domenica ci pensa la chiesa di San Giovanni - spiega padre Lorenzo, guardiano del convento che si trova nell'elegante centro di Chiavari, tra i viali alberati. "Prima del Covid consumavano i pasti nel chiostro ma ora diamo loro i sacchetti: qualcuno li porta via, qualcuno mangia nel cortile. Sono italiani per la maggior parte, anche se ultimamente con la guerra arriva anche qualche ucraino, parente di qualcuno che già aiutavamo".
Fuori dal cortile incontriamo tante persone, italiani senzatetto, stranieri, gente che ha un appartamento regolare e vive in città. I frati non chiedono nulla, la povertà non ha colore o lingua, chi arriva ha il proprio pasto caldo e basta. C'è l'umanità dei volontari della Caritas che arrivano ogni giorno "perchè volevo rendermi utile in qualche modo, dedicando un po' del mio tempo ad aiutare" è la risposta unanime quando chiediamo perchè lo facciano. "Io ho 31 anni - dice Simone, il più giovane presente oggi - e con la mia fidanzata ci siamo resi conto di essere molto fortunati e di voler fare qualcosa che potesse aiutare anche chi è meno fortunato, ed eccomi qua. Peraltro fare questo mi dà più di quanto io non dia agli altri". Una catena umana di solidarietà. "Il sabato sono quasi tutti giovani - spiega padre Lorenzo - e il cibo ce lo fornisce il Banco alimentare ma anche cittadibni, negozi, insimma, ci sono tanti che collaborano perchè questo sia possibile".