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Attualità

L'autore Imarisio racconta un viaggio la vita all'interno delle fabbriche con il contributo della memoria storica di Fondazione Ansaldo
2 minuti e 10 secondi di lettura
di a.p.
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GENOVA - Un viaggio lungo l'Italia dell'Otto-Novecento dove le fabbriche regolavano il ritmo della giornata. Un Paese in piena costruzione dove le città si adattavano alle esigenze di produzione e l'uomo con invenzioni e intuito inseguiva la strada dello sviluppo. Eligio Imarisio si è letteralmente immerso in quella realtà raccontando nel suo libro la quotidianità a 360 gradi con pregi, difetti e peculiarità di un'epoca complessa che ha modificato struttura e urbanistica delle città. Oggi la globalizzazione ha modificato lo scenario e messo l'uomo, forse, un po' in disparte.

L'umanesimo industriale nell'Italia d'Otto-Novecento edito da Erga edizioni racconta quello spaccato del Paese durato due secoli all'interno di un viaggio nelle fabbriche delle città. "Sono entrato nella fabbrica e ho visto la vita quotidiana delle persone, la vita grama della povera gente, ho visto come ci si autorappresentava - racconta l'autore del libro Eligio Imarisio -. Con l'avvento della Grande Guerra sono andato nelle trincee, ho parlato con i soldati e ho riprodotto le loro lettere. Un grande viaggio che ha un grande messaggio: conoscere il passato serve ed è necessario per interpretare il presente".

In questo scenario la Genova a cavallo tra i due secoli fu un polo centrale e di grande attività per lo sviluppo del Paese sotto l'aspetto industriale. "La Val Polcevera era allora conosciuta come la valle dei fumi - precisa ancora Imarisio -, una serie di fabbriche che partiva da Sampierdarena e risaliva. C'erano grandi fabbriche vive e rumorose oggi la fabbrica di fatto è una fabbrica robotizzata. L'Umanesimo pone al centro l'uomo e il suo agire. Adesso al centro del mondo non so se c'è l'uomo o le tecnologie. Di certo non c'è più il mondo del saper fare di una volta" conclude Imarisio.

Genova all'epoca come fulcro di un Paese che strutturava e plasmava la sua identità sulla produzione e l'eccellenza ma con davanti il difficile rapporto tra lavoro, qualità di vita e sviluppo. Dalla Fondazione Ansaldo la memoria di quell'Italia, base da cui partire interpretare e guidare la costruzione della società dei nostri giorni.

"Mettiamo a disposizione con questa opera una fotografia che parte dall'arte e che va ad approfondire tutti gli aspetti dell'impresa, del lavoro e della società sia nei suoi aspetti mirabili che in quelli terribili - racconta Lorenzo Fiori, direttore della Fondazione Ansaldo - E' un viaggio attraverso un'epoca lunga, 200 anni in cui sono avvenuti tanti cambiamenti anche dal punto di vista dell'urbanistica della città con mutamenti che hanno toccato aspetti sociologici e antropologici. La Fondazione Ansaldo rafforza il suo ruolo di fabbrica della memoria dove la memoria diventa un elemento di riflessione per il nostro presente" conclude Fiori.