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Tre giovani di "Bruciamo tutto", legati al collettivo di "Ultima generazione", hanno contestato la spettacolarizzazione dello stupro e la presenza dei quadri di Agostino Tassi. I tre sono stati portati via di peso dalle forze dell'ordine
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GENOVA - Un gruppo di tre attivisti questa mattina è entrato all'interno della mostra di Artemisia Gentileschi "Coraggio e passione", imbrattando la moquette di vernice rossa della quinta sala in cui sono esposte le opere di Agostino Tassi, lo stupratore della pittrice, e la cosiddetta stanza "dello stupro", dove mentre un'attrice interpreta le parole di Artemisia pronunciate al processo, un letto si tinge di sangue. L'accusa degli attivisti di "Bruciamo tutto" - costola femminista del collettivo "Ultima Generazione" - e di chi ha contestato questo allestimento è di aver voluto spettacolarizzare lo stupro, ferendo chi è stato vittima di violenza. Un argomento che però non trova tutti d'accordo, anzi. I tre, lombardi che hanno tra i 25 e i 30 anni, sono stati portati via di peso dalle forze dell'ordine, dopo l'atto vandalico. Per loro è scattato il foglio di via dalla città: questo il provvedimento deciso dal prefetto Silvia Burdese. 

Da mesi le polemiche hanno interessato questo allestimento: per questo motivo Palazzo Ducale aveva deciso di accogliere le diverse sensibilità, ponendo un velo davanti alla stanza contestata e un cartello per avvisare il pubblico di quanto stava per vedere. Una scelta che tra l'altro aveva incontrato alcune resistenze da parte degli organizzatori della mostra, Arthemisia. 

Artemisia e quella "stanza dello stupro" che divide a Palazzo Ducale - L'OPINIONE

In tre, due ragazzi e una ragazza, sono entrati all'interno delle sale per manifestare il proprio dissenso, specialmente nei confronti dell'esposizione di alcune opere del Tassi, le cui calamite sono in vendita al bookshop. Prima di imbrattare la mostra con la vernice rossa, hanno messo dei teli neri sui quadri, in modo tale da impedire al loro gesto di danneggiare le opere, ma al tempo stesso per oscurarle. "Stiamo coprendo questo quadro perché non possiamo sopportare che i dipinti dello stupratore di Artemisia siano appesi accanto ai suoi. Siamo profondamente turbat* dalla scelta di spettacolarizzare lo stupro. Abbiamo deciso di non danneggiare il quadro ma di oscurarlo, perché il messaggio è "non deve stare qua, non così, non in questo contesto", ha esclamato durante la protesta Anna, attivista di Bruciamo tutto. La vernice ha macchiato la moquette, le pareti e poi anche il letto al centro della stanza contestata. Un altro attivista ha aggiunto: "Questa mostra non esplora l'opera di Artemisia in quanto artista, ma in quanto donna. Perché facciamo così fatica a dire che Artemisia era una grandissima artista, e se fosse un uomo ne parleremmo accanto a grandi maestri come Michelangelo e Raffaello?"

"Di fronte alla violenza della società agiamo in maniera decisa e nonviolenta per ostacolare questo sistema che promuove la cultura dello stupro proprio in un contesto culturale"

I tre sono rimasti ad aspettare l'arrivo delle forze dell'ordine seduti, opponendo resistenza passiva. Così polizia e carabinieri li hanno portati via di peso con due volanti che sono accorse sul posto. Intanto è arrivata la condanna del presidente e assessore alla cultura di Regione Liguria, Giovanni Toti, che ha espresso solidarietà alla struttura e condannato fermamente le azioni delle attiviste: "Un modo di esprimere il dissenso che condanniamo fermamente perché l’arte non va mai censurata, anche se una mostra non piace". 

"Non è con gesti violenti e incivili che si combatte violenza e inciviltà. E vale anche per la violenza di genere. Anzi, forse in particolare per la violenza di genere. Un’opera e il luogo che le ospita non sono un tiro a segno ma rappresentano il lavoro, i sacrifici e l’impegno di tante persone”

I rilievi della polizia scientifica e dei carabinieri del nucleo del patrimonio culturale hanno permesso di quantificare e qualificare i danni riportati. Le opere non hanno subito alcun danno, fortunatamente, mentre la vernice rossa è stata lavata e i pezzi di moquette macchiati sono stato presto sostituiti. Accanto alle opere del Tassi, gli attivisti hanno scritto il nome di Joy Omoragbon, l'ultima vittima di femminicidio. Si tratta di una donna di 49 anni e di origini nigeriane, uccisa a coltellate probabilmente dal compagno a Cologno al Serio, in provincia di Bergamo.

La mostra è restata chiusa al pubblico fino al termine dei rilievi e dell'intervento di pulizia. Chi era già dentro al momento della protesta è riuscito a continuare il percorso di visita, come hanno raccontato tre signore di Asti: "Non siamo riuscite a vedere la stanza immersiva, avevamo letto le polemiche sui giornali, per me erano esagerate, io la stanza l'avrei lasciata così com'era", commenta una visitatrice. E c'è chi veniva da Roma, chi da Torino, chi da Milano e che è rimasto fuori, rammaricato di non poter vedere le opere della grande artista dal vivo. Sono infatti gli ultimissimi giorni per poterla visitare, dato che è stata prolungata soltanto fino al lunedì di Pasquetta. 

Su Primocanale è intervenuto anche il presidente di Fondazione Palazzo Ducale, Beppe Costa, che ha condannato le modalità della protesta, con grande dispiacere nei confronti di chi non ha potuto accedere alla Cappella del Doge, pur avendo acquistato con anticipo il biglietto.

"Naturalmente non sono contrario all'espressione delle proprie opinioni, ma ritengo che vada fatto tenendo conto anche della libertà degli altri. E oggi c'erano moltissimi visitatori a cui è stato negato il diritto di vedere la mostra"

"Ringrazio polizia e carabinieri per l'intervento e per la celerità dei rilievi condotti. E ringrazio anche il personale di Palazzo Ducale e della società Arthemisia che hanno consentito di riaprire l'esposizione già nel pomeriggio". Al di là delle divergenze di pensiero su questa 'stanza', la condanna arriva anche dalla storica dell'arte Anna Orlando, che per tutto quest'anno ha raccontato Artemisia ai giovani di Orientamenti, agli eventi organizzati in tutta la Liguria e anche all'Ariston durante il Festival di Sanremo. 

"Il gesto di oggi avrebbe offeso moltissimo Artemisia perché lei, come ho cercato di raccontare veramente a tanti pubblici diversi, è sempre stata molto sensibile rispetto a questi temi della violenza e della parità di genere, temi all'ordine del giorno che l'arte di Artemisia ci consente di trattare e di raccontare in modo diverso con la forza delle sue immagini"

"Ha lottato con la forza delle sue immagini, ha lottato con i suoi quadri dove racconta sempre sé stessa. È sempre lei. La vedete che ci guarda e trionfa sul male subito. Quindi questi sono messaggi positivi, messaggi di reazione e di azione, dove la violenza è simbolica, è la condanna del male. Quindi penso che un gesto come quello di oggi, che è negativo nella sua totalità, non sarebbe stato apprezzato neanche da Artemisia, che era una donna, non era una femminista, al di là delle prese di posizioni politiche e delle strumentalizzazioni politiche". Questa la lettura e la condanna di quanto fatto dai tre attivisti. 

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