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I dati parlano chiaro: rispetto al Sud, in questa parte di Italia c'è un peggioramento delle condizioni di vita rispetto alla generazione precedente
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di Aurora Bottino

GENOVA - Dalla pandemia in poi è stato un aumento stabile, costante, che a Genova si traduce in un dato spaventoso: una persona su dieci è in una situazione di povertà assoluta e molte di queste sono minorenni.

A fotografare l'andamento dei dati a Primocanale è Giulia Pongiglione, dell'Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas Diocesana di Genova. I dati parlano chiaro: i genovesi sotto la soglia di povertà, che viene definita dallo Stato Italiano come il momento in cui un soggetto non può permettersi le spese minime essenziali per condurre uno standard di vita minimamente accettabile, sono tanti. Ma il dato ancora più spaventoso è legato ai bambini e ragazzi che rientrano nella categoria, che a Genova sono uno su cinque.

"Si tratto di un'esplosione che è sistemica - spiega Pongiglione -, che non è più un caso, e che in molti dei casi si eredita dai genitori. Rispetto al Sud, in questa parte di Italia c'è un peggioramento delle condizioni di vita rispetto alla generazione precedente, c'è un impoverimento progressivo che non sembra migliorare, anzi".

L'altra tipicità del nostro territorio è la presenza di una migrazione forte, ma stabile. Anche gli stranieri che risiedono a Genova rientrano in una fetta delle persone che non riescono ad arrivare a fine mese. 

"Circa una persona su dieci non è di origine italiana, anche un po' questa è una caratteristica delle nostre zone da tenere in considerazione. Come Caritas l'iniziativa principale è sempre quella di accompagnare verso l'autonomia sul territorio, per cui di solito agiamo attraverso i centri d'ascolto o le altre strutture, i presidi locali che aiutano le persone ad avere accesso a tutti i servizi, come rendere più facile la parte burocratica per esempio per accedere ai sussidi - spiega l'operatrice dell'Osservatorio -. Quindi più che il buono pasto o la mensa alla distribuzione di vestiti c'è anche questa parte del nostro lavoro, che invece di rispondere all'emergenza puntuale tenta di portare la persona verso l'autonomia. Reinserimento lavorativo, l'accompagnamento genitoriale e un lavoro di rete con assistenti sociali e le scuole".

"Così cerchiamo di essere una comunità che supporta chi è più fragile"

Sul territorio della Diocesi sono attualmente presenti 34 centri d'ascolto (in Italia sono 2.855), attraverso i quali viene svolto un lavoro di solidarietà e a cui si sono rivolte, nel 2023, 4.100 persone. Sono presenti nelle seguenti zone e Comuni: Albaro, Arenzano, Begato, Bolzaneto, Busalla, Campomorone, Castelletto, Centro Ovest, Cornigliano, S. Donato, Foce,  San Fruttuoso, Gavi, Maddalena, Manesseno, Marassi, San Martino, Molassana, Nervi, Oregina,  Pegli, Pontedecimo, Quarto, Recco, Rivarolo, Certosa, Sampierdarena, Serra Riccò, Sestri  Ponente, Sori, Staglieno, San Teodoro e Voltri. L'obiettivo della Caritas è occuparsi dei sintomi della povertà, ma anche andare a fondo sulle cause delle disuguaglianze, delle sofferenze e delle  ingiustizie. 

Ma chi sono le persone che si recano nei centri di ascolto e vengono aiutate dalla Caritas? Prevalente la presenza femminile (54%). "Sono le donne che si muovono per prime all’interno dei nuclei, per andare a chiedere aiuto per tutta la propria famiglia, per un marito disoccupato, per un figlio adulto e non autonomo - continua Pongiglione -. Dopo la crisi del 2008 c'era stato un boom di uomini che, perso il lavoro, si erano rivolti a noi. Oggi siamo tornati alla donna che chiede aiuto, spesso in nome dei figli".