Vai all'articolo sul sito completo

Commenti

2 minuti e 28 secondi di lettura
di Mario Paternostro

Fra poche ore sapremo se Marco Bucci sarà per la seconda volta sindaco di Genova o se Ariel Dello Strologo lo porterà a un ballottaggio da suspense. Ma l’esito del voto di Genova, sia per un verso che per l’altro, oltre a segnare profondamente il futuro della città nei prossimi cinque anni decisivi per una ripresa, costringerà in ogni caso la politica nazionale a un forte ripensamento.
Direte: a ogni elezione scrivete che saranno decisive per la città. Vero. Ma, questa volta, più ci penso e più me ne convinco.

Nelle ultime ore la situazione italiana è pesantemente cambiata, le incognite sono cresciute e soprattutto alcune speranze “europee” che ci avevano tirato su il morale depresso dopo la tragedia del ponte Morandi e dopo la strage della pandemia non ancora chiusa, stanno crollando. Genova dovrà giocare tutte le carte possibili per riacciuffare un posto nel triangolo del Nord ovest. Senza i quale non avrebbe futuro e non solo pensando ai giovani. “Non chiamiamolo più GeMiTo, mi diceva qualche giorno fa in una intervista l’ex super-sindaco di Milano, Gabriele Albertini. Torniamo a chiamarlo Triangolo industriale del Nord ovest.”

Una Genova collegata seriamente che offra a Milano chance di sbocchi a mare, ma anche di qualità della vita, cioè vivibilità. In termini di luoghi, ma anche di servizi di primordine per la gente che qui abita e per gli imprenditori e i professionisti che qui lavorano. E per converso una Milano raggiungibile finalmente, e non più raccomandandosi prima della partenza alla Madonna sul monte Figogna. Vivibilità non vuol dire solo verde, pulizia, sicurezza, trasporti. Ma anche temperatura sociale, contrapposizione seria alle troppe diseguaglianze che con la crisi che ci sta piombando addosso potrebbero diventare drammatiche e pericolose.

Il voto di Genova, undici mesi prima indirizzerà la chiamata nazionale (forse il prossimo 28 maggio?). Se vincesse Bucci magari con un successo anche della Meloni si rafforzerebbe un centrodestra che qui, con Toti e il sindaco, potrebbe anche trovare dopo anni di ricerche una costola moderata, liberale e riformista. E dimostrerebbe, lo ripeto fino alla noia, l’importanza dei candidati addirittura sopra i programmi.

Se vincesse Ariel Dello Strologo sarebbe il trionfo del Pd di Letta, ma anche di chi ha voluto il “campo largo” a sinistra comprensivo di Cinquestelle in crisi e sinistra vera un po’ in ombra nonostante il personale gradimento popolare del ministro Speranza. Un Pd che ritorna a essere il primo partito della città aprirebbe nazionalmente un fronte denso di prospettive, ma anche di incognite.
Mario Draghi seguirà con grande attenzione lo spoglio genovese. Non soltanto il premier. Lo stesso faranno la leader di Fratelli d’Italia, e in particolare Matteo Salvini che in caso di débacle potrebbe giocarsi il posto visto il malumore dei presidenti leghisti nordici, ma anche Silvio Berlusconi che a Genova con una tenuta o qualcosa di più capirebbe che le uscite politiche del duo Toti-Bucci non sono soltanto scossette locali, ma davvero qualche cosa di più significativo.