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Gli esperti ci dicono che il rischio prescrizione non si corre, almeno per i reati principali e che a una sentenza si arriverà. Ma quando e in che tempi?
3 minuti e 1 secondo di lettura
di Franco Manzitti

Non mi fido. L’udienza preliminare è stata ancora rinviata. Prima la ricusazione del giudice respinta. ma ora in mano alla Cassazione. Ora la discussione sulla costituzione di parte civile, un numero gigantesco di danneggiati che chiedono il riconoscimento e il processo. I diritti della difesa vanno sempre garantiti fino in fondo ed anche quelli di chi chiede che gli venga riconosciuto il danno. Ma non mi fido del sistema giustizia in generale.

L’inchiesta sulla tragedia del Morandi è stata rapida è complicatissima. Francesco Cozzi e i suoi sostituti, con gli altri organi inquirenti della Guardia di Finanza, della Polizia e dei Carabinieri hanno fatto un lavoro enorme e difficile, insieme a tanti consulenti. Sono arrivati all’udienza preliminare che prevede l’eventuale - sottolineo eventuale - rinvio a giudizio e quindi il processo.

Ma probabilmente quello che è uno dei processi più complicati della recente storia giudiziaria rischia di allungare i suoi tempi e di infilarsi in strettoie pericolose. Gli esperti ci dicono che il rischio prescrizione non si corre, almeno per i reati principali e che a una sentenza si arriverà. Ma quando e in che tempi?

Il processo Morandi non è come gli altri. Questa vicenda, che ha spazzato via 43 vite, nel mezzo di una città civile dell’Europa Occidentale perché è crollato un ponte di una autostrada, creando una tragedia colossale, le cui conseguenze continuano, non solo per le vittime, le loro famiglie, per una città intera, per un sistema infrastrutturale smascherato nella sua scandalosa e colpevole fragilità, chiede una giustizia più rapida, meno equivoca.

Una verità va trovata rapidamente perché essa è il minimo risarcimento davanti a tanta ingiustizia, davanti alle vicende che sono seguite e che continuano a seguire. La concessione rimasta in piedi fino a pochi mesi fa, malgrado i proclami di una parte della classe politica responsabile in quel momento, è uno scandalo che continua a pesare.

Il "prezzo" che le concessionarie riceveranno per lasciare il loro ruolo è un altro scandalo che pesa non solo al cospetto delle immani tragedie personali, famigliari, ai danni subito dalle città, dal suo porto, dalle sue infrastrutture, ma anche ai disagi e alle difficoltà che per anni saranno sopportati in conseguenza di come sono state gestiti quei contratti di concessione.

E ancora li ricoprono di oro per come “non “ hanno lavorato, per come hanno lasciato sfarinare autostrade, ponti, gallerie costruite e gestite prima dalle generazioni che hanno costruito, collegato, favorito lo sviluppo, impegnandosi per il bene comune, non per gli interessi e i profitti di pochi. Non mi fido che il processo sia veloce, perché il sistema giustizia in Italia è quello che è, e che ben conosciamo al di là della buona volontà di singoli, di uffici e perfino di collegi giudicanti.

Lunedì scorso il processo è stato interrotto per pioggia, fortunatamente per pochi minuti, perché il rumore provocato sul tendone che ospitava l’udienza era troppo forte. Era un segno di quale sia la difficoltà di processi come questi, per i quali si è dovuta inventare, meritoriamente, anche una sede di fortuna. Ho visto, da giornalista molto datato come sono, decine di “grandi processi” della nostra epoca impantanarsi, durare decenni, cambiare sedi, inseguire sentenze e verità irraggiungibili. Basta pensare a quelli dei più gravi atti terroristici, da Piazza Fontana in avanti, incominciati, deviati, rimbalzati magari anche lontano, come a Catanzaro.

Questo non è terrorismo da trame nere o rosse di una epoca tanto diversa da quella, ma anche in questo caso il tempo della giustizia da trovare incomincia a farmi paura. Dio non voglia che sulle tombe, davanti alle lapidi dei caduti per il Morandi, non si continui a aspettare tanto, come per quei casi così lontani, così dolorosi, così insoluti.