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di Luigi Leone

 

Un avvio della campagna elettorale che peggio non si può, a cavallo fra lo scaricabarile sulla fine del governo Draghi e la caduta di stile per cui anche essere sovrappeso diventa una contestazione "politica". Volevo riflettere su queste cose e sui bisogni dei cittadini che sembrano spariti dall'agenda dei partiti, quando si è imposta l'impellenza di trovare rimedio alla calura che ci sta quotidianamente affliggendo.

Così sono saltato in moto e ho deciso di mantenere la promessa fatta a mia cognata Mina: verrò a vedere dove lavori. Lei è una splendida Oss, una di quelle eroine che non abbiamo mai ringraziato abbastanza per la dedizione avuta durante i giorni più bui della pandemia. Ho fatto un giro largo, salendo a Pontedassio e poi imboccando la provinciale che dalla valle Impero porta prima in frazione Monti e poi a Diano Marina, via Arentino e Castello.

Mentre percorro la strada, ben tenuta nonostante la fine ingloriosa delle nostre Province, l'aria mi sbatte addosso dandomi il refrigerio che cercavo. Mi godo il percorso, fra gli alberi e una quasi assoluta mancanza di traffico. Scollino e comincio a scendere. Incontro Diano Arentino: che bello! Niente di clamoroso, ma un luogo che capisci a misura di una vita che vale la pena di essere vissuta.

Proseguo e un cartello mi avverte che sono arrivato a Diano Castello. Viaggio su una strada che per lunghi tratti sembra un biliardo. Su entrambi i lati campeggiano villette che giurerei non siano di opulenti ricconi, bensì di quel ceto medio che sempre più soffre l'economia sgangherata del nostro Paese. Arrivo allo sferisterio e lì attaccata c'è la struttura in cui lavora mia cognata, la casa di riposo "Quaglia". Un bel viale di ciottoli e mattoncini, con due filari di cipressi che sembra di essere a Bolgheri (Giosuè Carducci, do you remember?). Poi ti tuffi in paese e ne scopri gli angoli più belli, fra piazzette e acciottolati vari.

Anche se sembra di ritrovarmi all'improvviso in Svizzera, sto a Diano Castello, Liguria, Italia. Prima che salti su qualche anima candida, ricordo che il sindaco è Romano Damonte, mio compagno di banco al liceo Vieusseux. Era un ottimo studente, che a me rimproverava di avere una gran fortuna (in realtà usava un altro termine) nelle interrogazioni. Era vero. Soprattutto, però, già allora, da ragazzi, aveva un amore viscerale per il proprio paese. La maturità non l'ha cambiato. Gli manderò un whatsapp (lo sono tecnologico, eh...?) per complimentarmi.

Rientro verso Imperia, percorrendo la via interna che mi conduce a Serreta (che piacere vedere ancora in piena efficienza "Elvira", dove facemmo il rinfresco per la Prima Comunione di mio figlio) e poi a Gorleri (che tristezza vedere che "da Irma", dove consumammo il pranzo matrimoniale, non esiste più, soppiantata da una decina di alloggi). Tutto, però, è sempre molto carino, anzi bello, accogliente.

È qui, mentre passo davanti alla villa del sindaco di Imperia Claudio Scajola, che mi viene alla mente la campagna elettorale. Tutti ne discetteranno dello splendido entroterra che fa cornice, da un capo all'altro, alla nostra Liguria. Se ne parlerà allo sfinimento, ma capiterà poco. Del resto, il mio amico e collega Gilberto Volpara avrebbe già cambiato tema se la politica fosse passata dalle parole ai fatti. Invece no, continua a combattere, soprattutto su Primocanale, una dura battaglia per la difesa, il sostegno e il rilancio del nostro entroterra. I cui gioielli sono lì, sotto gli occhi di tutti, niente affatto nascosti. Dovrebbero soltanto avere più attenzione e qualche soldo in più. Di sicuro non servono loro i toni sguaiati e spesso grevi della propaganda elettorale.