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di Michele Varì

Nel febbraio 2020, alla vigilia dell'esplosione di Covid in Italia, mi trovavo a Tokio con moglie e figli. Un viaggio scolpito in ricordi troppo personali e intimi, un viaggio prenotato mesi prima. Un viaggio, comunque, come tutti i viaggi, bellissimo.

Il coronavirus o covid 19, come si chiamava allora, sembrava relegato in un angolo della Lombardia, e ai cinesi che poi, eddai, se l'erano cercato mangiando pipistrelli e altri animali strani.

Sí, c'era qualche caso su una nave in rada davanti alle coste del Giappone. Ma nulla lasciava presagire potesse dilagare in tutta Italia e poi nel resto del mondo. Ero a Tokio, dicevo, e passeggiando nei giardini Reali dei famosi fiori di pesco in fiore che già s'intravvedevano, scambiai due chiacchere con un abitante, che poi per me è sempre più l'essenza di ogni viaggio. Lui appena seppe che arrivavamo da Genova mi disse "ah, the bridge", il ponte.

Io annuii avvilito perché capivo che anche dall'altra parte del mondo Genova in quel momento era la città macchiata e ferita dalla tragedia di ponte Morandi. Scambiammo ancora due chiacchiere e poi d'istinto, come a difendere la mia città e pure il mio Paese, come si fa solo quando si è lontani da casa, gli chiesi curioso, quasi per cercare di uscire dall' angolo in contropiede: "Perché qui i ponti non crollano?".
Il giapponese restò davanti a me, fermo, come la sua risposta:
"No, qui i ponti non crollano!"

Queste parole, per chissà quali meccanismi della memoria, mi sono tornate in mente camminando sotto il nuovo ponte, a Campi.

Ero lì con un pugno di colleghi come me schiacciati dal caldo per assistere alla rimozione delle prime macerie di ponte Morandi dall'area dove sorgerà il Memoriale in ricordo delle 43 vittime e della tragedia del 14 agosto 2018.

In questo susseguirsi di operazioni per alcuni minuti davanti agli occhi si è stagliato, trasportato da un grosso bilico, un blocco di macerie arrugginite di ponte Morandi. I resti, il cadavere putrefatto di quel che resta del ponte, proprio sotto lo skyline elegante del nuovo ponte San Giorgio.

In una sola immagine, in un solo click, la tragedia che ha cancellato 43 vite e il nuovo viadotto costruito a tempi record che ha restituito la speranza a una città e a un Paese in ginocchio per l'incuria di Autostrade per l'Italia. La società dei Benetton che ha macchiato per sempre Genova.
La città dove i ponti crollano.

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