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di Tiziana Oberti

GENOVA - Vita e morte. Ecco cosa è Lampedusa per me. È una sensazione che ho avuto chiarissima la prima mattina sull'isola davanti alla porta d'Europa, quello che per molti turisti rappresenta solo una delle tante foto di una vacanza ma che per troppi significa disperazione.
Non potrò dimenticare quella mattina tra i tanti turisti che aspettavano di poter fotografare il punto più a sud d'Europa, di fronte a me decine e decine di imbarcazioni di ogni grandezza e forma uscivano dal porto piene di turisti per l'escursione intorno all'isola. In piedi sotto un sole già molto caldo una sensazione strana, ho alzato di pochi centimetri lo sguardo verso l'orizzonte ed è arrivato un pugno nello stomaco, lì proprio davanti a me quel tratto di mare è ancora oggi morte per decine di persone.


Mi sono sentita in colpa.


Contraddizioni in tutto in primis tra i suoi abitanti. L'autista del bus mi spiega che "solo metà abitanti tengono veramente all'isola, io sto bene tutti i posti hanno pro e contro, di certo qui abbiamo il problema sanità: una volta mi è entrata una scheggia in un occhio era lunedì e all' ospedale mi hanno detto di aspettare l'oculista il venerdì e allora sono andato a Palermo e ho speso 500 euro ma almeno mi sono salvato l'occhio".
Settemila abitanti in un'unica cittadina, una via centrale - via Roma - che dalle 18 alle 5 diventa pedonale e puoi trovare decine e decine di negozi, bancarelle, tutti passano di qui.
Tra parei, kaftani, calamite, ceramiche, bar e ristoranti sembra di essere nel centro di una qualsiasi località di mare, il mio sguardo però è un po' più in là...
Arrivo in fondo alla via si apre il porto e l'attenzione non può che essere sulle imbarcazioni di Capitaneria, Finanza e Carabinieri (io ne ho viste sei ma saranno di piu), l'occhio va su quel molo di cemento tante volte visto in TV e quel movimento di lampeggianti blu.

In giro per l'isola migranti non se ne vedono, quello che si nota è che ci sono tante forze dell'ordine, troppe per un'isola così, tanti furgoni di Carabinieri e Polizia ma anche Finanza.


Lampedusa è l'isola dove arrivano migliaia di persone disperati in cerca di futuro ma è anche l'isola dove non ti accorgi dei migranti, in giro non ce n'è nessuno. Tu sai che ci sono, ma è facile che la mente si perda nel blu del mare, nella via piena di luci e suoni.
Ma come per tutte le cose della vita basta spostare lo sguardo un pochino più in là.


Della cena in uno dei ristoranti che si affacciano sul porto ricorderò il gusto dolce-amaro della tartare di gambero rosso di Mazara del Vallo: di fronte a me quattro bus scortati da un furgone dei Carabinieri venivano portati sul molo e fatti salire in fila indiana sul traghetto per Agrigento e di nuovo quel pugno nello stomaco misto tra vergogna, inadeguatezza, dolore.

L' hotspot è pieno, stracolmo da giorni ma nessuno in giro ne parla come fosse un argomento tabù, nessuno di chi vive qui ne vuole parlare, le info le trovi su internet e non capisco come sia possibile. Lo stesso hotspot è invisibile sull'isola, come non esistesse, sull'isola il turista che gira tra calette e ristoranti non lo incontra e, forse, anche se lo vedesse, non vorrebbe riconoscerlo perché il dolore è troppo.

E' mezzogiorno quando entro nel cimitero nuovo di Lampedusa il caldo umido sfianca e il respiro si ferma di fronte alla piccola area dedicata a "tutti i migranti morti in mare in cerca di libertà, musulmani e cattolici". Il piccolo monumento in legno è realizzato da un falegname dell'isola con i rottami di uno dei tanti barconi che trasportano migliaia di persone ogni anno, una piccola croce alta e una prua rotta. A sinistra tanti sassi blu colorati di azzurro a rappresentare il mare e su queste del filo spinato arrugginito e poco più sopra una tomba si distingue dalle altre: è quella di Yusuf morto nel 2020 al largo della Libia a soli 6 mesi. La sua tomba non è una croce di legno ma un disegno colorato: una barca che come vela ha un arcobaleno.


Lampedusa, isola di vita e di morte a un soffio l'una dall'altra.