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di Franco Manzitti

Venerdì prossimo, 4 novembre, un tempo festeggiata come la data della vittoria nella Grande Guerra, il Comune di Roma celebrerà uno dei genovesi più importanti del Novecento, sicuramente il più importante tra i politici, intitolandogli una piazza. Si tratta di Paolo Emilio Taviani, nato a Genova nel 1912, morto a Roma nel 2001, pochi giorni prima del fatidico G8, fondatore della Dc ligure, padre costituente, ministro in tanti governi della cosidetta Prima Repubblica, sopratutto ministro dell'Interno, senatore a vita, presidente della Fvl, i “partigiani bianchi”, l'uomo che ha più fatto per rendere Genova come è ora, uno dei più illustri studiosi di Cristoforo Colombo del quale dimostrò per primo e compiutamente la genovesità. Insomma a Genova e a Roma una figura indimenticabile.

Alle 11 di mattina di questo 4 novembre il sindaco di Roma Gualtieri e l'assessore alla cultura Gotor scopriranno la targa che gli intitola una piazza in una zona di Roma vicino a Cinecittà, dove la toponomastica è in gran parte dedicata ai partigiani, a chi si è battuto per liberare l'Italia dal nazifascismo. Due giorni dopo il Poligrafico dello Stato, con una cerimonia al Museo Tasso, quello dove vengono ricostruite le torture dell'occupazione nazista, dedicherà a Taviani un francobollo con la sua effigie accanto a quella di Genova, illustrata con la Lanterna.

Sono due gesti di memoria che risarciscono in parte una grande figura, di quelle che tracciano la storia e che i tempi veloci e liquidi di oggi tendono a dimenticare. La memoria non risolve certo i problemi di oggi che sono in parte simili e in parte nuovi rispetto a quelli del senatore a vita Taviani, ma custodirla è un bene prezioso, di cui si dovrebbe apprezzare il valore.

In questo senso sono un privilegiato perchè nella mia adolescenza professionale ho avuto la fortuna di lavorare con Taviani allora ministro del Bilancio e della Programmazione Economica e poi dell'Interno e “padre” di una Dc ligure che allora aveva ancora una grande importanza nel quadro genovese e ligure. Ho imparato e conosciuto i “giganti” della Prima Repubblica, non solo i Dc, ma anche gli avversari i nemici del Psi, del Pci, degli altri partiti di quel Parlamento cresciuto con la Costituzione che gli uomini come Taviani avevano scritto e sofferto, molti fino a morire per scriverla.

E oggi quei rapporti tra avversari politici di un muro a muro spesso durissimo ma leale, pulito, intellettualmente molto efficace, quasi mi commuove al confronto con lo spettacolo cui assistiamo oggi quotidianamente e sguaiatamente, grazie a una comunicazione senza più limiti di invasività continuata e permanente, che mostra spesso più le urla che le idee.

Riflessioni di un ex ex giornalista di antico corso? Può darsi.

Ma intanto dopo essere andato a Roma a assistere con la numerosa e riservata famiglia di Taviani e con un gruppo di amici fedeli (delfini non ce ne sono) per assistere alle due celebrazioni mi chiederò se Genova, a 21 anni dalla sua morte, troverà il modo di ricordare Paolo Emilio Taviani degnamente e non solo scientificamente, come è stato fatto in un silenzio quasi generale qualche anni fa all'Università con un convegno.

Oggi “il segno” di Taviani a Genova è la targa in quel piccolo slargo che sta davanti al Museo del Mare.

Forse ci vuole qualcosa di più per l'uomo che tolse la città e la Liguria dall'isolamento con tante grandi opere, con le autostrade, con le strade, con le grandi infrastrutture oggi clamorosamente insufficienti perchè sono passati sessanta anni e nessuno ha fatto praticamente nulla, che spinse il 1992 della grande svolta con la sua autorevolezza colombiana e che offrì un modello politico, che permise di sdemanializzare l'area del Porto Antico, che spinse la soluzione finale per recuperare Palazzo Ducale. Era, allora, magari anche un personaggio discusso da un inevitabile mani man genovese, ma che oggi anche gli eredi dei nemici e avversari di allora rispettano.

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