Quale grande colpo d'occhio offriva il salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, nel tardo pomeriggio di venerdì, durante il ricordo di Beppe Pericu. Era gremito fino alle ultime fila e l'impressione era che il pubblico fosse convenuto anche per ritrovarsi dopo un bel po' di tempo.
C'era sicuramente il cerchio degli amici più stretti del grande sindaco, professore, giurista, leader morale, guida di Genova per i dieci anni del suo governo, ma anche per quelli dopo, sempre spesi nell'interesse comune e nell'esercizio di una intelligenza che non ha mai perso neppure un'oncia del suo peso. Fino all'ultimo giorno. Amici privati e anche pubblici con ruoli importanti ieri, ma anche oggi.
Poi c'era il mondo politico che lo aveva affiancato, diviso quasi per generazioni, quella più antica che lo convinse alla scelta di fare prima il deputato, poi il sindaco, ma anche le altre, quella di mezzo che aveva collaborato con lui e, infine, l'ultima, quella di oggi, che lo guardava da bambino e ultimamente da esempio probabilmente irraggiungibile.
Insomma dal baffo grigio di Montaldo all'aria seria di Margini, alla barba scura di Simone D'Angelo. Ovviamente passando per Luca Borzani, cerimoniere dell'incontro, che si era preso bene il ruolo di testimone numero uno della figura, sorridente alle sue spalle, dalla grande foto sul manifesto sopra il palco.
Poi c'era quasi tutta la sua squadra, che non erano solo i suoi ex assessori e consulenti e assistenti e collaboratori, sui diversi gradini della scala di chi ha lavorato per Pericu, ma tanti altri. Sopratutto avvocati, ma anche architetti, professionisti, superstar delle professioni, ma anche dell'imprenditoria, ma anche semplici interlocutori della sua proficua vita, nei suoi ruoli pubblici e privati.
Poi c'erano anche tanti amici e amiche “semplici” senza ruoli del passato o del presente, la folla di chi lo stimava, lo seguiva o semplicemente ci credeva in quell'avvocato con leggero accento sardo, sempre tranquillo, mai sopra le righe, con il linguaggio semplice e le decisioni forti espresse bene.
O semplicemente condivideva con lui il tempo privato, il tempo libero. Poi c'erano anche i curiosi che ci sono sempre e sentono l'attrazione per le celebrazioni. C'era insomma un mondo complessivo ad ascoltare chi si era impegnato a ricordare la sua figura a sei mesi dalla morte, in una sala come quella, dove c'è un po' il senso della storia che passa a Genova negli ultimi decenni, soprattutto da quel G8 nel quale lui era il sindaco che aveva tenuto la barra dritta, davanti ai capi del mondo, la barra e la dignità della città violentata.
C'era chi aveva creduto in lui e anche chi meno, ma lo rispettava lo stesso e sembrava che andare lì a ricordare fosse un gesto di riconoscimento.
Insomma quella era “la città di Pericu”, che adesso non c'è più e non solo perché non c'è più lui, ma perché non è più quel tempo.
Era una città trasversale che solo lui era stato capace di mettere insieme e che ora non è più possibile fare o forse non c'è più nessuno capace di farlo in tempi di leaderismi, sovranismi, populismi.
Non so chi ha usato quel termine “trasversale” per ricordarlo nei discorsi di venerdì pomeriggio, forse proprio il giovane D'Angelo, che era il più lontano dall'era Pericu.
Però era il termine più esatto per un ricordo che era dolce e commovente, ma anche chiaro e non nostalgico, come hanno voluto gli organizzatori dell'incontro. Ce ne sono state tante di definizioni e memorie emerse dalla ricostruzione di quello che Beppe Pericu è stato ed è ancora non tutte complete ma sempre sincere: da quelle forti di una esperienza diretta molto personale di Luca Borzani, a quelle più complessive di Valdo Spini, alle altre, parziali ricostruzioni di un uomo che ha lasciato tracce profonde e che avrebbe sorriso ironico all'ipotesi di essere ricordato così.
Prima di tutti aveva parlato il sindaco di oggi Marco Bucci, il suo successore dopo Marta Vincenzi, Marco Doria, e non deve essere stato facile per lui, davanti a quella “città di Pericu”, trovare il filo che lo collegasse a una realtà tanto diversa da quella che vive lui, sindaco del terzo millennio.
Ma quel filo lo ha trovato, definendo il senso della guida che Beppe personificava e che lui anche cerca di trovare con uno stile tanto diverso, in tempi tanto diversi, con partiti che non sono più partiti, tra liste civiche e bandiere di tutti i colori.
In quella sala garriva solo la bandiera della “città di Pericu”, che appunto non c'è più.