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Tra condoni e scelte del passato, sono sempre di più i rischi ambientali in Italia. Ma siamo davvero pronti a fare la nostra parte per evitare tragedie come quella delle frana di Casamicciola, o delle alluvioni di Genova?
3 minuti e 36 secondi di lettura
di Davide Lentini

GENOVA - Il primo condono, in Italia, fu quello del 1985, Governo Craxi. Da quell’anno a oggi, a Ischia sono state presentate 27mila richieste di condono per abitazioni abusive. Ventisettemila. Una ogni 2 abitanti. Quelle più recenti relative a nuove abitazioni sono 600. Un numero impressionante, segno che nonostante la consapevolezza di rischi ambientali sia ben diversa rispetto a 37 anni fa, si continua a costruire in modo selvaggio, in barba alle regole. Prova ne è che sempre a Ischia ci sono 13.500 appartamenti costruiti senza licenza edilizia. Avete letto bene: in molti hanno deciso di tirar su delle case senza neppure avere i permessi.

Non stupiamoci, quindi, per quello che abbiamo visto in questi giorni con la frana di Casamicciola. E smettiamola di pensare che l’uomo di fronte a certi eventi sia impotente, perché intanto decide la natura. Perché la colpa principale quando succedono certe cose è proprio nostra, dell’uomo, che come dicono i numeri dei condoni e delle costruzioni abusive pensa di poter fare quello che vuole, in barba a qualsiasi norma e regola di buon senso. E così nascono case su terreni destinati prima o poi a franare, o sugli argini di fiumi, in aree a forte rischio esondazione. La storia pare ogni volta non insegnare nulla.

Fatevi un giro sulle colline di Genova, o nell’immediato entroterra: quante case sono state costruite negli anni a ridosso del greto di piccoli rivi? Quanti corsi d’acqua sono stati tombati o deviati? Quanti edifici sono stati realizzati a ridosso di pendii scoscesi a rischio frane? Va tutto bene fino a quando non piove un po’ di più e quei rivi dormienti si trasformano in corsi d’acqua impetuosi che travolgono tutto, o fino a quando quelle colline rimaste immobili ai nostri occhi per anni, iniziano a muoversi.

Se succedono tragedie come quella di Ischia è solo per colpa dell’uomo che ancora oggi pensa di poter domare la natura e usarla come vuole, anche osando ciò che non si potrebbe osare. In Italia il 94% dei comuni è a rischio alluvioni, frane, erosioni costiere, e nonostante questo ogni giorno vengono cementificati 19 ettari di terreno. Sono 2 metri quadrati al secondo. 

Di fronte a questi numeri verrebbe spontaneo pensare che si debba bloccare tutto: basta costruzioni, basta infrastrutture, basta cemento. In realtà non possiamo fermare il progreggo, ma occorre trovare un compromesso che tenga conto di quello che per decenni si è ignorato, ovvero che viviamo in regioni molto fragili, e la Liguria è una delle più delicate sotto questo punto di vista. Per cui ogni scelta, ogni decisione presa in nome del progresso deve tener conto della sostenibilità ambientale. Per evitare di dover piangere nuovi morti e nuove distruzioni tra qualche anno.

Qualcuno obietterà: "E con gli scempi fatti prima, come si fa? Buttiamo già tutto?". E’ evidente che nella maggior parte dei casi non si possa. Ma si deve iniziare a ragionare in termini diversi: ovvero investire soldi per mettere in sicurezza tutte le situazioni di pericolo che sappiamo già si verificheranno, prima o poi, cambiando modello culturale. Investire di più in prevenzione, invece che in Protezione civile, come avviene oggi. Ogni volta che si verifica una tragedia come quella di Ischia vengono stanziati milioni di euro per la ricostruzione. Perché non usare quei soldi per prevenire certi disastri? Oggi il rapporto delle spese tra quelle di prevenzione e quelle di Protezione civile è di 1:4. Un paradosso.

Quando si parla di prevenzione si parla ad esempio di cantieri che devono essere aperti, e che probabilmente durano anni. Basti pensare a quello per lo scolmatore del Bisagno, a Genova: opera fondamentale per evitare alluvioni come quelle che abbiamo vissuto nel recente passato. Ma siamo sicuri di essere capaci a accettare un po’ di disagi quando dobbiamo stare in coda a causa di cantieri simili? O forse siamo noi i primi a pensare che siano solo una rottura?

Purtroppo paghiamo scelte scellerate fatte nel passato, quando l’attenzione all’ambiente non era quella di oggi. E ancora oggi si fanno comunque errori come quelli di un tempo. Ma non abbiamo più alibi per fregarcene. Iniziamo a fare la nostra parte, anche solo sopportando qualche lavoro in più, se fatto per evitare problemi ben più grandi in futuro.

Ed evitiamo di commuoverci di fronte alle immagini di Ischia, se non siamo in grado di pensare che ognuno di noi debba fare la propria parte.