L’attacco sferrato da Edoardo Garrone a Marco Lanna è incomprensibile: il suo comunicato ha tutta l’aria di essere una risposta ai nostri continui articoli che ne richiamavano la responsabilità, presenta accuse insostenibili sul piano giuridico e storico e non raggiunge nessuno degli obiettivi che un uomo nella posizione di Garrone dovrebbe porsi.
Iniziamo dalla storia, che è tra queste la materia nella quale sono più ferrato: il 12 giugno del 2014, più o meno all’ora di pranzo, Edoardo Garrone si presenta davanti a taccuini e telecamere per annunciare la cessione della società a Massimo Ferrero. Dice di non voler accettare nessuna domanda, comportamento perlomeno irrituale, e lascia la parola al nuovo proprietario. Il quale farfuglia in modo sconnesso i suoi progetti, si rivolta le tasche per dimostrare che non contengono denaro e indossa la maglietta blucerchiata sopra la camicia, mostrandola orgoglioso ai giornalisti allibiti.
Non è una burla, la Sampdoria è veramente passata dalle mani di una delle famiglie più facoltose d’Europa a quelle di un ignoto produttore cinematografico romano. Il quale, per non fornire alcun alibi a Garrone e ai filtri di questi, patteggia nelle stesse ore una condanna per bancarotta fraudolenta per il fallimento della compagnia aerea Livingstone presso il tribunale di Busto Arsizio. Non certo il migliore dei biglietti da visita.
Alla base di questa decisione, ed è forse l'unico appiglio cui può aggrapparsi Edoardo Garrone, la ferma volontà delle famiglie proprietarie della Samp: che non era il giocattolo del solo capofamiglia, ma anche il cruccio dei parenti stretti riuniti nell'affollata San Quirico, la holding che custodisce le fortune dei Garrone-Mondini e che tra matrimoni e progenie era fortemente cresciuta nel numero. La scomparsa di Riccardo Garrone, avvenuta nel 2013, aveva poi indebolito i processi decisionali, li aveva resi meno verticistici e assoluti: il motto "si comanda uno per volta" aveva perso forza e figure ascoltate e rispettate in famiglia, come quella del secondogenito Alessandro, si erano imposte con autorevolezza fino a incidere anche su questa decisione che, va detto con onestà, ha lasciato Edoardo con il classico cerino in mano.
I media cominciano a interrogarsi sulle modalità della compravendita e, all’ingrosso, scoprono questo: la Sampdoria è stata prima ripulita dai debiti, poi regalata a Ferrero, infine sostenuta con robuste garanzie bancarie. Operazione che possiamo definire singolare, al punto che tifosi e giornalisti si sono chiesti per anni, senza arrivare a una risposta univoca, quale sia la ragione che abbia spinto Garrone a lanciare un simile boomerang: veramente non esisteva imprenditore di buona fama che avesse piacere di rilevare una storica società del massimo campionato di calcio a queste imperdibili condizioni? E’ difficile sostenerlo.
Nel suo comunicato Garrone considera il 2019 l’inizio della crisi della Sampdoria, “causata dalle difficoltà delle imprese di Ferrero”: anche questo è un passaggio poco comprensibile perché non risulta che prima di quell’anno l’attuale proprietario fosse alla testa di società solide e di successo. Al contrario, fin dal principio è la Sampdoria ad apparire, nella sua famosa ‘galassia’ (la chiamano tutti così, anche se suona esagerato), come l’unica azienda di un certo spessore capace di produrre utili. Ma, come sempre nel calcio, agli utili possono seguire perdite e gli imprenditori che gestiscono le squadre devono avere le spalle sufficientemente larghe per ripianarle, quando serve. Capacità che Ferrero non ha e, per quanto possiamo saperne, non ha mai avuto.
Dopo avere completamente ignorato come e perché Ferrero sia alla guida della Sampdoria, Garrone si lancia poi in un’invettiva contro il consiglio di amministrazione, responsabile, a suo giudizio, di non avere avallato l’operazione proposta da Alessandro Barnaba, per conto del fondo Merlyn Partners. E’ curioso che l’ex presidente si permetta un simile affondo, considerando che tutti gli esperti di diritto e i manager che abbiamo consultato (e il Cda della Sampdoria ha fatto lo stesso) negano recisamente che l’abbattimento di capitale di una società, in assenza dei criteri di legge che lo regolano, sia possibile senza incorrere in pesanti azioni ritorsive. Garrone si aspettava forse che i membri del Cda violassero le leggi per favorire una soluzione alla crisi della Sampdoria? Perché mai avrebbero dovuto farlo?
Infine c’è la forma, che non vale meno della sostanza. Com’è possibile che Edoardo Garrone non abbia provato a prevedere almeno una parte delle critiche e delle obiezioni che gli sarebbero piovute addosso? Lui che la Sampdoria l’ha messa nelle mani dell’attuale proprietà con una sorta di elargizione liberale, attraverso l’avvocato Romei che ora siede nel consiglio di amministrazione (oggetto dei suoi strali), il cui presidente è Marco Lanna, una leggenda vivente del club. Quale effetto può sortire questo attacco, se non quello di accrescere nell’ambiente la rabbia e lo sdegno verso chi ha gettato le basi per questo disastro?
Primocanale ha mantenuto sempre una linea fermissima su questo argomento, linea che ci ha spesso provocato critiche e accuse: è il ‘peccato originale’ del 2014 a essere la causa di ogni male, ciò che è successo dopo è solo la naturale conseguenza di quella scelta scellerata. Le trattative per la compravendita della società devono essere serie, credibili, portate avanti da soggetti specchiati: gente pittoresca che promette mari e monti a una tifoseria sull’orlo di una crisi di nervi non avrà mai spazio sulle nostre pagine e nelle nostre dirette. La Sampdoria è un’azienda seria e come tale va trattata.
Edoardo Garrone ha ancora una possibilità di riscatto: la Sampdoria non è ancora fallita e l’onere di trattare con un proprietario ingordo non può essere che sua. “Tu ce lo hai messo, tu ce lo togli”, ha scritto la tifoseria in uno striscione: come si fa a non essere d’accordo?