Vai all'articolo sul sito completo

Commenti

4 minuti e 41 secondi di lettura
di Silvia Isola

A chi non frequenta il mondo social il mancato accordo tra Meta, la società colosso di Mark Zuckerberg che controlla Facebook e Instagram, oltre che WhatsApp, e la Siae, la società italiana di tutela del diritto d'autore di autori e produttori musicali, può sembrare una notizia come un'altra. Chi i social li usa per svago, invece, può dispiacersi di vedersi i video delle vacanze silenziati - o bloccati se erano stati postati su un Fb sempre più 'deserto' - e di non poter più utilizzare la musica nelle storie. Specialmente le ragazze, per mandare "frecciatine" attraverso le canzoni ad un'amica o nei confronti di un fidanzato. Ma per molti content creator e non solo questo annuncio rappresenta una grossa perdita di contenuti su cui negli anni ci si è costruiti un mestiere.

Ma facciamo un passo indietro. Da ormai diversi anni, con l'avvento delle Instagram stories nel 2018 che hanno trasformato il modo di interagire sui social, anche la musica è sbarcata su queste piattaforme e la library musicale si è sempre più arricchita, diventando un vero e proprio strumento di promozione per gli artisti. Da lì, si è data la possibilità agli utenti anche di caricare contenuti sul proprio profilo con canzoni in sottofondo, fenomeno esploso con la diffusione dei reels, in reazione ad un'altra grande piattaforma che sempre più spopola, Tik Tok.

Il primo gennaio del 2023 scadeva però l'accordo tra Meta e la Siae che tutela la maggior parte degli artisti italiani. Le trattative erano in corso fino a quando dall'America si è deciso di interrompere la possibilità di utilizzare tutti i contenuti Siae. Il motivo fornito da Meta è stato spiegato in una nota: dato che per loro la tutela del diritto d'autore è fondamentale - mancando un accordo tra le parti - si voleva evitare ogni possibile violazione.

"Abbiamo accordi di licenza in oltre 150 paesi nel mondo e continueremo a impegnarci per raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti"

Siae ha appreso la decisione a cose fatte e ha replicato ribadendo che la società americana ha presentato una proposta unilaterale, senza tener conto dell’effettivo valore del repertorio. Il problema, insomma, è di natura economica e non trovando la quadra Meta è ricorso alle "maniere forti". 

I primi effetti di questa situazione si sono già iniziati a intravedere su numerosi profili: il vero problema, infatti, è che la rimozione o il silenziamento sono retroattivi. Ogni video pubblicato prima di oggi che contenga musica coperta da Siae verrà o cancellato o silenziato. Ma in queste prime ore, gran parte della musica anche straniera è stata rimossa per i profili italiani. Potrebbe essere un errore dell'algoritmo che si sta occupando di mettere in campo le restrizioni o un modo per aumentare il pressing nei confronti di Siae. Un danno enorme per chi sui propri profili ha costruito un lavoro, creando contenuti per cui non verrà persa soltanto la musica. Sì, perché anche i video 'parlati', se in sottofondo contenevano una traccia musicale, sono stati silenziati. E questo deve farci riflettere su quanto queste piattaforme siano effimere e su quanto non ci sia modo di tutelare la propria proprietà intellettuale sui contenuti che decidiamo di pubblicare: basta un accordo saltato, una decisione aziendale, un movimento azionario o un competitor più forte per far andare in fumo tempo e denaro, ma anche ricordi e dati. E così per tutelare - giustamente - la proprietà intellettuale di qualcuno si lede quella di qualcun altro.

Il vero paradosso in queste ore lo si può vedere sui profili dei cantanti italiani. Chi come la splendida (e savonese) Annalisa era diventata virale nelle ultime settimane con "Bellissima" si vede oggi un profilo con numerosi video muti. Non può più usare l'audio ufficiale di una canzone scritta e cantata da lei. A insorgere è stato anche Alfa, il giovane cantante genovese, che in queste ore via Instagram ha commentato questa situazione nelle stories:

"Come molti ho usato i social per promuovermi e fare uscire le mie canzoni, questo è come tornare indietro nel tempo cara Siae. Il prossimo singolo lo facciamo uscire su Msn?"

Lui l'ha presa con ironia, ricordando una vecchia piattaforma dismessa da più di 10 anni e antenata degli attuali social network. Ma questo empasse non fa bene a nessuno, né agli artisti che sono insorti dato che sempre più attraverso i social si promuovono le canzoni, né a Meta che rischia di veder migrare sempre più utenti su Tik Tok - anche se pure lì i giochi si complicano in Europa e in America, ma è un'altra storia -, né alla Siae su cui si sta riversando il sentiment negativo delle persone. 

E però il vero interrogativo che dovremmo porci è se non sia necessario rivedere le condizioni d'uso di social network e web. Dopo che con l'avvento di Internet si è dato per scontato creare uno spazio dove tutto fosse libero - anche se poi tanto libero non è viste le disparità nell'accesso alla tecnologia che abbiamo e che la pandemia ci ha messo davanti - forse sarebbe lecito chiedersi ora qual è stato il prezzo di questa "libertà", tra pubblicità cucite ad hoc in base alle ricerche tracciate dai siti web, dati da noi affidati a piattaforme esterne che non ci danno nessuna garanzia di conservarli nel tempo e zero tutele per copyright. Per tanti lavori nuovi che sono nati, se ne sono persi tanti altri. Per la facilità si è persa la qualità, per la velocità e l'eccesso dei contenuti disponibili si è persa l'attenzione necessaria per approfondirne una selezione, per l'illusione di un mondo dove tutto è gratuito si sono violati diritto di autore di film, fotografie, testi, canzoni. Perché alla fine sul web e sui social non c'è niente di 'nostro'. Per ora.