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Senza i negozi avremo delle città morte
3 minuti e 31 secondi di lettura
di Matteo Cantile

L’ipotesi di liberalizzare le date dei saldi, rimuovendo ogni regola sui tempi e i modi delle promozioni, ha generato la levata di scudi dei commercianti italiani, al punto che il Governo ha innestato la retromarcia: il Ministro Urso ha promesso di rivedere il disegno di legge Concorrenza e ha momentaneamente stralciato la norma.

Non ho le competenze per stabilire se la preoccupazione dei commercianti sia fondata ma ne comprendo la ratio: le grandi catene dispongono dei mezzi economici e del volume d’affari per politiche commerciali molto aggressive e permettere loro di proporre sconti in tutti i periodi dell’anno si tradurrebbe in un colpo duro al piccolo commercio.

Incassata questa vittoria pro tempore, però, credo che sia necessario che il settore rifletta su cosa vuole fare da grande perché la direzione che ha preso il mondo è preoccupante: il commercio  tradizionale, e non solo quello di piccole dimensioni, è un morto che cammina. Se non si prendono decisioni draconiane da qui ai prossimi dieci anni i negozi come li conosciamo oggi potrebbero sparire con tutte le conseguenze nefaste che questo scenario implica.

Parliamoci chiaro, quanti di noi comprano nei negozi fisici? Forse ancora in tanti ma probabilmente non abbastanza perché il mercato si autosostenga. Io stesso, che pure appartengo alla generazione di mezzo, quella che non è nata digitale ma lo è diventata abbastanza presto, ho già spostato online una parte cospicua dei miei acquisti: la spesa alimentare la faccio via app, le cianfrusaglie le compro su Amazon e persino profumi e biancheria intima mi arrivano spesso con un pacco del corriere. La ragione per cui questo sta accadendo è semplice: l’acquisto on line è più veloce, si fa dal telefono o dal pc, ed è più economico.

E soprattutto è stimolato da aziende che stanno drogando il mercato: conosco persone che ricevono e poi restituiscono tre pacchi al giorno. Questi clienti, in un mondo normale, sarebbe meglio perderli che trovarli ma l’obiettivo è chiaro: i colossi del web vogliono garantire massima libertà negli acquisti così che chiunque possa ordinare qualunque prodotto, anche un capo di abbigliamento che andrebbe necessariamente provato, senza nessuna preoccupazione. Così abbattono ogni residuo tentennamento.

C’è poi un'ulteriore e gravissima stortura: avete mai conosciuto qualcuno che è entrato in un negozio fisico al solo scopo di provare un capo che avrebbe poi acquistato on line? E’ molto probabile. Che fa quel commerciante, paga l’affitto, la luce e il personale giusto per essere il camerino di un sito internet?

Immaginate quando il centro della vostra città sarà deserto: i supermercati sono chiusi, sostituiti da furgoncini che invadono vie e piazze per consegnare i sacchetti all’uscio; sulle vetrine dei negozi, rese opache dalla polvere, c’è appiccicato un vano cartello ‘affittasi’. I bar sono dimezzati, restano solo le tavole calde per il pranzo di quei pochi impiegati che ancora non si sono arresi allo smart working. Vi piacerebbe un posto così?

No, ovviamente, ecco dunque spiegata l’urgenza di provvedimenti che devono necessariamente andare oltre il dettaglio dei saldi: qui c’è un mondo che deve essere salvato e la salvezza non può che arrivare dal Governo, chiedere a un consumatore di spendere di più per difendere il commercio è un'irragionevole utopia. Fermare l’avanzata dell’e-commerce tenendo fisso il periodo dei saldi è come svuotare l’oceano con un mestolo: serve molto di più.

Cosa, esattamente, è difficile dire. Intanto c’è il tema delle tasse: tutti gli utili generati dal mercato italiano devono tradursi nelle corrette aliquote fiscali. Non solo, la logistica dell’e-commerce sarà sempre più invasiva, il numero dei corrieri si moltiplicherà con una serie di inevitabili ripercussioni sul traffico (e anche sull’ambiente, a meno di non credere che i mezzi elettrici siano veramente a impatto zero…): perché non aggiungere uno specifico balzello a ogni consegna? Avrebbe lo scopo di riequilibrare i prezzi e garantirebbe gettito extra allo Stato. Si potrebbe fare anche di meglio: negozi fisici tax-free, Iva e imposte si applicano solo alle transazioni online.

Sono solo chiacchiere da bar, intendiamoci, ma servono come spunto per riflettere su un argomento che non si può ignorare: i negozi, tutti, sono le radici delle città. Senza avremo delle scatole vuote, luoghi senz’anima, incubi da un futuro senza luce. Si faccia qualcosa per salvarli, prima che sia tardi.

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