Vai all'articolo sul sito completo

Commenti

3 minuti e 17 secondi di lettura
di Stefano Rissetto

Sputati dalla terra natia, da tutto un popolo amati. Sono versi antichi, li scrisse Saba per la Triestina: se non sei di Sestri Levante, è quasi impossibile comprendere cosa significhi qui, proprio a metà strada fra Genova e La Spezia, il ritorno dei “corsari” in serie C, a una settantina di anni, cioè una vita o quasi, dall’ultima volta. Lo stadio Sivori sorge nel primo posto possibile, fuori dal fitto centro delle vecchie case e oltre l’area smisurata dove fino agli anni Ottanta c’era la grande fabbrica metallurgica che dava lavoro a tutto il paese. Proprio accanto all’impianto per il calcio, la chiesa di San Paolo, moderna più della parrocchia disegnata nel dopoguerra sottraendo territorio a Santa Margherita, Santo Stefano e San Bartolomeo. Non sono molti i posti dove stadio e chiesa stiano appiccicati, ma a Sestri molte cose sono strane e gli abitanti stessi vengono tacciati di aver due facce. L’Unione era nata alla fine della Grande Guerra, per l’idea dei padri fondatori, tra cui il poeta Descalzo, riuniti a Portobello: ha attraversato il Novecento quasi sempre in quarta serie, conoscendo fortune e disavventure, sempre nel segno di un legame forte tra squadra e comunità locale.

Era da un po’ che l’Unione girava attorno a questo obiettivo. Nel 2015, vincendo la selezione nazionale nella finale di Foligno sul Monopoli, aveva maturato il diritto all’ammissione alla C, ma non era ancora tempo di fare il salto. Ora, dopo una stagione trionfale, sotto la guida del presidente Stefano Risaliti, del direttore sportivo Paolo Mancuso e del tecnico Enrico Barilari, arriva una promozione che sembrava impensabile. Eppure meritatissima.

Ancora non ci credono, a Sestri, che l’Unione abbia vinto il campionato. Eppure è accaduto. La festa si terrà il 7 maggio, alla fine dell’ultima ormai inutile partita con il Borgosesia, con corteo dei tifosi e della banda musicale dal campo sportivo alla baia dove la fondazione del club, 27 settembre 1919, è ricordata con una targa.

Un sestrino su dieci, contando vecchi e bambini, va allo stadio. Molti hanno una ulteriore appartenenza, una “doppia cittadinanza” che rimanda al Genoa come alla Sampdoria ma anche a Milan e Torino; ma non si può disconoscere il posto dove si è nati. E dove ci si è appassionati al gioco del calcio, perché in teoria il calcio sarebbe un gioco.

Questa promozione riaccende un planetario degli affetti con nomi come Fosco Becattini, sestrino e più grande calciatore della storia del Genoa, cui per militanza e fede appartengono anche Bruno Baveni e Silvino Chiappara, oppure il sampdoriano Renzo Uzzecchini, grande didatta di giovani calciatori, recentemente scomparso. Il capotifoso Nicola Caranza, volato via troppo presto; e quanto ci avrebbe tenuto a questa promozione. Nel tempo scorrono figure come Mario Genta, Manlio Bacigalupo, Mario Tortul, Giorgio Fossa, “Zizzi” Stagnaro, perfino Juary, Francesco Baldini. Tutta una galleria di memorie che brilla in un paese di sportivi, come il ciclista della Legnano Luigi “Cinin” Cafferata compagno di avventure di Bartali in maglia ramarro, i pugili Mino Bozzano, bronzo a Melbourne nei massimi, e Aldo Traversaro campione europeo dei mediomassimi. E anche di intellettuali, perché no?, come il letterato Carlo Bo e il regista Vito Molinari.

Tutta Sestri festeggia questo successo, che non è un traguardo ma un punto di partenza. Otto chilometri più in là c’è l’esempio della Virtus Entella, idee e investimenti che hanno portato il club biancoceleste antagonista dei “corsari”, nel segno di una rivalità che nasce tra sestrini e chiavaresi oltre il calcio, a frequentare stabilmente addirittura la serie B, per la quale la squadra di Volpe è tuttora in corsa. Ma ognuno gioca per sé e anche nel Tigullio c’è posto per tutti, nel segno di una fruttuosa concorrenza verso l’alto. Per ora la festa è tutta del Sestri, “squadra paesana” tornata dove nessuno dall’uno all’altro mare ricordava più. A dimostrare, da una parte all'altra del Golfo, che si può fare calcio in modo equilibrato, sano, vincente. Come in città sembrano aver disimparato.