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di Franco Manzitti

Chi era il sorridente ed elegante signore seduto a fianco del comandante Aponte e accanto a lui fotografato in posizione molto confidenziale nella “storica” cerimonia della prima pietra per la diga che potrebbe cambiare il destino di Genova?
Lo hanno definito, i cronisti un po’ disattenti o forse troppo giovani, come un “amico di vecchia data” del “Comandante”, il personaggio che sta assumendo una posizione sempre più rilevante non solo per il porto di Genova, con le sue flotte di navi e con i suoi terminal.

Non si sono ricordati che quel signore sorridente e molto a suo agio era anche uno degli “ambasciatori” nominati dal sindaco Bucci, forse uno dei più azzeccati nella truppa scelta per rappresentare Genova nel mondo, sui quali spesso possono venire dubbi a proposito del loro prestigio e sulla loro capacità di calzare il ruolo.
Ebbene quel signore altro che semplice “ambasciatore”! Il suo ruolo e il suo peso sono molto più importanti e la sua storia molto “segreta” è uno degli esempi di come a Genova l’understatement conta ancora molto come stile di riservatezza e di attività “sotto traccia”.

Quel signore è Alfonso Lavarello, genovese tanto doc da avere nella sua discendenza una famiglia storica come i Dufour (ramo materno) e da avere dimostrato nella sua vita imprenditoriale le classiche doti storiche dei genovesi, capaci di fare grandi affari in tutto il mondo, restando magari ben al di fuori spesso non solo dai confini della Superba, ma anche da una pubblicità che altri, molto meno potenti nei business, hanno sbandierato.

Di formazione cattolica e “castellettiana” (il quartiere genovese noto per essere il preferito da una borghesia sobria ma solida come i palazzi di Circonvallazione a Monte) Lavarello ha spiccato il volo da giovanissimo nel mondo dei grandi business internazionali, trattando con grande capacità con il mondo arabo che tra gli anni Settanta e Ottanta sbucava sulla scena a forza di petrodollari.

A Genova il suo estro si è inizialmente dimostrato quando era diventato un uomo di fiducia dei Zerbone, grande azienda di supercatering e fornitrice di attrezzature navali, che nel suo momento di massima importanza era una grande “firma”, che lavorava molto anche con “Costa Crociere”, allora tutta genovese e in trattativa per acquisire quel gruppo.

Ma anni dopo di allora la fama abbastanza segreta di Alfonso Lavarello è diventata quasi “iconica” per il ruolo da lui svolto a Cuba con un monumento della storia mondiale come il leader maximo, Fidel Castro, del quale il genovese doc era diventato non solo un importante interlocutore nel rilancio del turismo nell’isola caraibica, ma anche un amico personale.

La storia di Lavarello e Fidel è quasi leggendaria. Fu il genovese a “riaprire” dai suoi uffici di Miami e poi dalla sua splendida villa all’Avana il turismo a Cuba, facendo arrivare a 36 anni dalla caduta del regime di Fulgencio Batista, le navi da crociera a Cuba. E le prime furono ovviamente navi Costa.
Il rapporto tra lo scaltro e rapidissimo genovese, erede dei Dufour, e il mito cubano è diventato così segreto anche perché Lavarello non ne ha mai voluto parlare.

Ma di quel rapporto parlano le foto di tanti faccia a faccia tra i due e la notizia di una superfesta che Fidel organizzò per il compleanno del suo amico genovese che aveva spalancato lo scrigno di Cuba al turismo.

Cambiate un po’ bruscamente le cose a Cuba anche con il destino di Fidel, Lavarello, che era diventato in qualche modo in quegli anni Novanta cubano, è tornato a Genova come fanno spesso gli abitanti della Superba, una volta conquistati grandi affari e grandi mercati nel mondo. E non si è certo fermato, lanciandosi in importanti operazioni immobiliari e dedicandosi alla città delle sue origine così radicate “ anche perché oggi Genova ha ripreso a camminare”_ come ha dichiarato in una recente e veramente rara dichiarazione pubblica, in occasione di un cerimonia molto genovese “la Festa della bandiera”.

Vederlo ora così vicino a Aponte, “amico di vecchia data” e a Franco Zuccarino, un altro fedelissimo del “Comandante”, fa pensare che Lavarello stia veramente lavorando a tutta forza come “ambasciatore” genovese. Ciò fa ben sperare. E incuriosire.

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