GENOVA - A Sestri Levante vince il centrodestra. A Ventimiglia... pure. E nel resto d'Italia per il centrosinistra è egualmente una Caporetto: vengono cedute Ancona e alcune città della Toscana. L'impossibile che diventa realtà. Gran parte dei giornali, sia di una tendenza sia dell'altra, osservano: non c'è stato alcun effetto Schlein. Cioè l'avvento della nuova segretaria del Pd, appunto Elly Schlein, non ha prodotto quel cambio di passo che ci si sarebbe attesi, sebbene sia avvenuto da così poco tempo da non poterle imputare tutte le responsabilità.
Bene. Anzi, male se la guardiamo nell'ottica di parte, perché sta ricominciando un film già visto troppe volte: si ragiona sulla sconfitta, si prepara un progetto, si cercano volti nuovi. Poi non succede nulla e si aspetta solo la prossima batosta. L'importante è che certuni conservino la loro fettina di potere.
Eppure dalle urne, anzi da da Sestri e da Ventimiglia, arrivano dei messaggi precisi. Primo: senza unità non si va de nessuna parte. È vero che esistono delle diversità fra i partecipanti a una coalizione, ma i valori di fondo sono il vero cemento. Morale: il centrodestra viaggia nei momenti cruciali con questa unità, il centrosinistra no. E rimedia sconfitte anche dove Pd e Cinquestelle si alleano, perché tutti gli altri pezzi della sinistra remano contro.
La testimonianza plastica di ciò viene da Sestri. Al primo turno il centrodestra si è diviso e così ha perso. Nel ballottaggio gli elettori sono andati oltre le barricate alzate dai partiti e l'alleanza che nazionalmente fa capo alla premier Giorgia Meloni ha vinto. Grazie a quella mistura con il civismo politico di cui gli alfieri in Liguria sono il governatore Giovanni Toti e il sindaco di Imperia Claudio Scajola (rieletto al primo turno senza simboli di partito). A Ventimiglia l'accordo c'era da subito e difatti il nuovo sindaco Flavio Di Muro è sempre stato al comando.
Secondo messaggio che arriva da Sestri: il buongoverno locale non è (più) trasmissibile per via ereditaria. Che la sindaca Valentina Ghio, oggi parlamentare, abbia fatto bene lo riconoscono pure i suoi avversari. Ma quando c'è stato da scegliere il successore questo non è stato un valore aggiunto per l'erede. Dovendo comunque scegliere qualcuno di diverso, i sestresi hanno preferito puntare su un rinnovamento completo. Che è come dire al Pd: proviamo qualcos'altro perché da te non arriva alcunché su cui insistere per il futuro.
E qui siamo all'affermazione generalizzata per cui "non esiste un effetto Schlein". La contesto: un effetto Schlein esiste eccome! Uno: non si capisce che razza di partito debba essere con lei il Pd. Due: l'Italia non è (mai stato) un Paese di sinistra, quindi va bene perorare alcuni diritti, ma quando punti troppo su di essi e ti scordi il pragmatismo del vivere quotidiano hai voglia a raccontare che si sta peggio se governo gli altri.
Tre: al fascismo e a tutti gli altri "ismi" di cui si riempie la bocca il Pd di Elly, come dice il filosofo Massimo Cacciari, non crede nessuno. Quattro: ogni volta che non sei d'accordo non puoi chiedere le dimissioni di un ministro o lasciare l'aula del Parlamento o provare a scendere in piazza. E montare un polverone sulla Rai che cambia padrone, quando la fazione opposta ha sempre fatto lo stesso, non paga né importa al Paese. Cinque, e certo non ultimo: il Pd nei suoi quadri dirigenti aveva scelto Stefano Bonaccini come proprio leader. Poi nei gazebo le cose sono andate diversamente. Per queste ragioni, e per altre che sarebbe lungo elencare, non si può dire che non esista un effetto Elly Schlein sul voto! Anzi.