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di Franco Manzitti

GENOVA - Non si illudano che togliendo o riducendo i cantieri nei ponti e nelle ferie estive la situazione si sblocchi sulle autostrade liguri, diventate oramai un incubo nazionale, una specie di timbro negativo in tutta Europa. Le code, sopratutto a Ponente, esistono da decenni e decenni e l’unica differenza è che ora, in concomitanza dei cantieri del dopo tragedia Morandi, si sono estese spesso a tutta la settimana, toccando punte intollerabili nei week end non solo estivi, ma anche pasquali e perfino natalizi.

E questa catastrofe oramai inchioda la Liguria irraggiungibile al suo destino da cinque anni, senza prospettive serie.

La progressiva e massiccia (e ben augurante inizialmente) seconda e terza turisticizzazione della Riviera, dopo quella inventata dagli inglesi nell’Ottocento e perfino dalle èlites russe all’inizio del Novecento, ha cambiato il problema trasporti.

La Savona-Genova su unica corsia degli anni Cinquanta (poi raddoppiata nei Sessanta) e la Savona Ventimiglia, inaugurata nel 1971, e costruita in soli cinque anni, un miracolo di ponti e gallerie, sono state presto superate da valanghe di traffico.

Prima della loro costruzione viaggiare a Ponente era una corsa a ostacoli tra passaggi a livello e paesi costieri che si gonfiavano di cemento e case. Dopo l’iniziale sollievo è incominciato il calvario, sopratutto tra la Savona-Ventimiglia delle doppie barriere per la diversa gestione delle concessionarie. A Savona e a Orco Feglino, stop e pagamento, code infinite.

Negli anni Settanta-Ottanta le code erano già epiche su una autostrada “nuova”, talmente costosa nei suoi investimenti iniziali che la sua gestione era addirittura finita in amministrazione controllata. Era costata troppo, la chiamavano l’autostrada dei miliardi. Ma ben presto il boom del traffico ha cambiato il trend, facendo arricchire i concessionari sempre di più.

Ma quei soldi non finivano in progetti per migliorare la situazione, per costruire le famose Aurelie bis, che sono a tutt’oggi mozziconi di strade, salvo il provvidenziale tunnel tra Albenga e Alassio, voluto da Claudio Scajola.

Nessuno ha più progettato o costruito qualcosa, da quella fine degli anni Settanta, mentre il traffico ingigantiva nel numero e nelle dimensioni e nelle caratteristiche.
Quel tratto ligure, dalla frontiera francese a Genova e viceversa, è diventato la pista del trasporto pesante su gomma di taglio europeo sempre più invasivo. E basta oggi viaggiare su quel percorso e contare le migliaia di Tir fermi a riposare nelle sparute e insufficienti aree di servizio, o anche nelle rare corsie di emergenza, per capire cosa sta succedendo.

E anche per spiegarsi, aprendo una dolorosissima parentesi, quale è una delle concause del tragico crollo del Morandi, logorato per decenni da un peso incalcolabile al tempo della su costruzione, anno 1967.

Poi è esploso il terzo ( o quarto?) boom turistico, quello che per fortuna fa crescere l’economia terziaria, di servizi della nostra beneamata Liguria e la regione è diventata terra di una invasione che non si ferma. E qui altro che “red carpet”, ci vorrebbe ben altro che quelli o i cantieri dei tappulli su ponti e gallerie.
Ci vuole un’altra autostrada, che è già disegnata, che ha pochi sponsor, tra i quali l’immarcescibile Claudio Scajola, la Albenga Predosa, una via di scarico per lombardi e piemontesi.

Oppure ci vuole un passante tra l ’Autofiori e l’A 6, la Savona Torino, che elimini lo strangolamento “eterno” di chi da Ponente punta verso la città della “Campanassa”.
Non è un mistero che da anni oramai molti turisti piemontesi preferiscono scavalcare l’Appennino su strade statali tortuose e complicate per andare a raggiungere a monte la Savona-Torino piuttosto che infilarsi nella coda della A 10, un incubo di 24 chilometri fermi, come è capitato nell’ultimo week end.

Oppure c’è chi viaggia a mezza costa, da Borghetto Santo Spirito verso Carcare e quindi “raggiunge” in quota la A 26, viaggiando per ore in solitaria, piuttosto che affrontare l’inferno sulla costa.

Insomma, ci vuole un’altra strada, se le ondate turistiche e del traffico pesante aumenteranno, come tutti i trend fanno capire. Viaggiare per ore in un serpente quasi fermo è un vero incubo, non certo solo di stress della guida, ma di sicurezza perché se succede qualcosa di grave in mezzo a quei serpenti si salvi chi può.
Ci vuole un’altra strada-autostrada e va decisa subito.

Da utente eterno di quel tratto azzardo una provocazione estrema. Serve più risolvere quel problema a Ponente che costruire la famosa Gronda di 57 chilometri che aspettiamo invano da venti anni e più, la cui non realizzazione, sotto forma di “Bretella”, ha indirettamente provocato il crollo del Morandi e che dovremmo attendere almeno altri dieci, quindici anni per vederla con tutte quelle gallerie da scavare nell’immediato entroterra genovese.

Non basta costringere Autofiori e le altre concessionarie a togliere i cantieri, perché la valanga è già partita e non si fermerà.
Bisogna studiare altre soluzioni, da quelle piccole di migliori segnalazioni “centrali” ai viaggiatori, ai pendolari oramai rassegnati a conquistare la Liguria con tempi simili a un volo per New York.

La Liguria non ce la fa a leccarsi i baffi per gli alberghi pieni, i ristoranti da prenotare almeno dieci giorni prima, le spiagge da opzionare in pieno inverno, perché ha questo nodo da sciogliere. Che minaccia di strangolarla.