Sulla Sopraelevata di Genova io sto con Maurizio Rossi. Dunque, con tutti coloro che sono per mantenerla anche se si facesse il tunnel subportuale. “Bella forza stare con l’editore, scrivi per lui!”. Devo dire che quando ci si mette mia moglie sa utilizzare tutta la perfidia di cui sono capaci le donne (è un complimento, sia chiaro).
Così mi è venuto in mente quando a tutti i costi ho voluto incontrarlo prima di diventare direttore di Primocanale. Presidente dell’azienda era il principe Cesare Castelbarco Albani, mentre Rossi all’epoca (era il 2013) faceva il senatore della Repubblica: aveva affidato la sua proprietà televisiva ad un “blind trust” e non era affatto convinto di vedermi. “Voglio evitare qualsiasi commistione, qualunque ipotesi di conflitto di interessi”. Alla fine l’ebbi vinta: un pasto frugale e via, giusto per sapere se la pensavamo allo stesso modo almeno sui temi più importanti.
Ho indugiato sull’album dei ricordi per dire che fra me e Rossi c’è una sintonia di fondo, sebbene non siano comunque mai mancate le divergenze. Questa sintonia torna sulla Sopraelevata, anche se è figlia del caso. Non che serva una giustificazione, però è giusto chiarirlo. Allo stesso modo dico che sono profondamente di Imperia, tuttavia mi sento genovese di adozione. Ed è in questa doppia veste che rilevo una cosa semplice: Genova “è” la Sopraelevata.
Per chi come me prima arrivava per dare gli esami all’Università e poi ci ha vissuto, la città è inimagginabile senza quel nastro di asfalto che ti consente di ammirarla da un “mondo di mezzo”. Cioè da lontano, ma non da distante. Quando percorri quel pezzo di strada, soprattutto dopo l’opportuno limite di velocità che praticamente tutti rispettano, hai modo di voltarti da una parte e vedere la magnificenza dei palazzi che affacciano su via Gramsci. E se, invece, volgi lo sguardo dall’altra parte vedi le navi, il porto antico, il mare. E’ una bellezza da restare senza fiato!
Basta e avanza una ragione come questa per dire che la Sopraelevata non si deve toccare. Poi, probabilmente prim’ancora, ci sono i validi motivi pratici declinati da Rossi e fatti propri, ad esempio, da Arcangelo Merella, uno che l’argomento traffico lo conosce. Che vogliamo fare, dividere in due Genova per sempre? Occhio, questa è la classica situazione in cui pensi di fare meglio e, al contrario, fai un casino che durerà in eterno.
Personalmente mi aggiungo alla lista di chi nutre dei dubbi sul fatto che il tunnel subportuale lo vedremo nei tempi previsti. Ma siamo ottimisti e diciamo che accadrà. Bene, avremo un’opera in più che consentirà di facilitare l’attraversamento della città. Ma nessuno si faccia venire in mente di tirar giù la Sopraelevata. E’ buona cosa che il sindaco Marco Bucci abbia detto che prima bisognerà vedere l’impatto del tunnel e poi decidere. Mi piace meno l’idea dell’archistar e senatore a vita Renzo Piano, secondo il quale un tratto di Sopraelevata va abbattuto per far posto al tunnel, un tratto va conservato (quello di ponente), mentre sull’altro sarebbero i genovesi a dover decidere, con un referendum.
Per quel che vale, io dico subito chiaro e forte che tutto quel nastro di strada non va toccato, se non per migliorarne le condizioni. E non serve neppure che passi solo qualche altro anno perché la Sovritendenza ci dica che ormai la Sopraelevata è intangibile in quanto opera monumentale. Monumentale lo è, sì. Ma semplicemente per come è fatta, per che cosa significa, per che cosa consente. Altro non serve.