Forse è stata colpa del caldo e subito dopo della potente mareggiata che si è abbattuta qualche notte fa sulla spiaggia, quando ho sognato (incubo, direi) che, improvvisamente, alcune statue di Genova si svegliavano e, finalmente liberate dalla loro condizione di silenzio, ritrovavano le loro voci antiche, di comando o di rivolta.
Il primo, in piena notte, era il re. Il savoiardo che sta ben piantato sul cavallo al centro di piazza Corvetto, la schiena rivolta alla cascata di smog di via Assarotti e gli occhi che si perdono lungo via Roma fino a De Ferrari.
Si rivolgeva, sua maestà, al più vicino cioè a Giuseppe Mazzini.
“Peppino non ne posso più di vivere tra i buchi e le ruspe! Tu che stai lassù sei fortunato....”.
“Il rumore lo sento anche da qui e poi ho dovuto tranquillizzare mia mamma, lì sotto. Non riesce più
a dormire.”
“Ora riaprono il sottopasso....” commentava sua maesta’ invidiando il duca De Ferrari che si godeva la vista del mare in fondo a via Corsica. Lì di buchi non c’era traccia.
“A Carignano stanno sempre meglio”. “State zitti - intervenne la Duchessa dal cortile del suo ospedale. “Fra poco cominceranno a trapanarci anche qui. Non c’è più scampo con gli assessori di Bucci. Tunnel, buchi, sottopassi che diventano parcheggi per pochi, e un’esondazione di rendering!”.
“L’assessore alla Cultura non lo fanno, ma di sicuro il più potente è l’assessore dei rendering!” Bofonchio’ Maria Drago Mazzini. “Ne presenta almeno sei alla settimana, un vero superlavoro poveruomo”.
“Parla italiano - protestò Vic dall’alto del suo equino - che io capisco solo il piemontese...”
Ci pensò Peppino a fare la traduzione, lui che da giovane era stato a Londra a studiare l’inglese.
“Mamma sono i progetti tridimensionali in modo che si capisca bene come verranno!”. La signora Mazzini resto’ perplessa.
Dall’Acquasola si udì la voce poetica di Martin Piaggio.
“Belinate! Spuntano improvvisamente alberi da tutte le parti così si mettono la coscienza a posto. Li mettono sui rendering e magari quelli veri li tagliano come stavano facendo qui....”
Improvvisamente le voci si spengono, ma il mio sonno non riprende.
E resta l’immagine della “capitale dei rendering” e, insieme, la fioritura dei “boschi dei rendering”. Da quello magico di Renzo Piano alla Foce (speriamo) a quello della Lanterna, poi il bosco sotto la sopraelevata, per non dimenticare quello della memoria sotto il ponte di San Giorgio e ora un altro anche a Certosa. Poi rendering boschivi a Cornigliano e nella valle del Lagaccio sotto la futura funivia.
Evviva i boschi in città, come ancora pochi giorni fa in un’intervista auspicava l’architetto Stefano Boeri inventore del milanese Giardino Verticale. Le piante, soprattutto querce, sono un toccasana tra il cemento sovrabbondante delle nostre città.
Appunto. Purché queste piante, querce, conifere, azeruoli, ulivi, ippocastani escano vive e verdi dai rendering e facciano ombra alle nostre vite cittadine.
L’alba si avvicina ma riprendono anche le voci delle statue di Corvetto.
Il re a cavallo: “Ridatemi il mio sottopasso....”. Mazzini: “E’ questione di poco ho letto....”. Maria Drago: “A Portello non c’è piu’....”. Martin Piaggio: “E’ cresciuto invece uno strano vespasiano proprio dove era il sottopasso“. Il re: “Ah quello che ha fatto innervosire anche il pacato professor Sgarbi...”.
Un grido al di là della galleria da piazza Bandiera.
In coro le statue: “E’ Enea!”
Si, proprio Enea con in spalla il vecchio padre Anchise e per mano il figlioletto Ascanio.
“Guardate me.... da anni sono circondato dalle auto in sosta. Noi scappiamo non c’è un albero fino alla Spianata. E nemmeno un rendering...”.
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Scompaiono i sottopassi e crescono i “boschi dei rendering”
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di Mario Paternostro