GENOVA - Ma civismo è una parolaccia o è oramai il termine con cui ragionare per parlare di politica e senza il quale di che stiamo preoccupandoci?
Quando si legge che anche il più esperto uomo politico pubblico, ancora in attività in Liguria, Claudio Scajola, sindaco quater di Imperia, presidente della Provincia, quattro volte ministro berlusconiano, esperto da cinquantacinque anni di ogni partito e forza politica, approva l'idea di mettere insieme ( attenzione non "federare") tutte le liste civiche dei sindaci e non solo in Liguria, allora mi viene qualche dubbio e qualche timore.
Se il civismo trionfa non solo nelle singole liste per le elezioni comunali allora vuol dire che la politica, per come l'abbiamo conosciuta dalla caduta del fascismo a oggi, è oramai alla canna del gas. Ce ne vuole un'altra che nessuno è in grado di costruire perché mancano i valori fondanti.
Per andare avanti, per governare, dal Comune di Roccacannuccia alle grandi capitali, alle Regioni, al Paese intero, oramai sono essenziali le liste civiche, federate, assemblate, attaccate con la colla o con il protagonismo di qualcuno.
Vuol dire che i partiti stanno tutti male, anzi malissimo, salvo l'eccezione meloniana. E allora si spiega perché la proposta Toti di "fare il gruppone civico" sia stata avversata fortemente dai partiti e da quel che resta di loro.
Dagli oggi vincenti, appunto, "Fratelli d'Italia", alla Lega in discesa, ma non come si pensava, a Forza Italia "vedova" inconsolabile del Cavaliere e aggrappata all'ipotesi PierSilvio (????), al Pd avvoltolato nella sua crisi nazionale, locale, alla sinistra in generale, di cui si fatica a trovare un contorno, al fantomatico Centro, diviso per due o per tre, ma di fatto inconcludente.
Ci penserà il "Ressemblement Republicain" di cui parla con un vezzo di francesismo buono, Claudio Scajola ,a sistemare questa crisi sistemica?
Non credo: sarebbe comunque l'esaltazione del civismo. E il civismo dove esiste, dove si è affermato? In quale paese del mondo, che ancora pratica un principio democratico e non sta scivolando verso l'abisso oligarchico o peggio, nelle dittature più o meno mascherate?
Di civismo parliamo solo in Italia, che è stata la culla dei partiti, della loro proliferazione dal 1945, fino al 1992 di Tangentopoli e della distruzione della Dc, del Psi, del Psdi, del Pri, del Pli, con la sola resistenza, mutante accidenti se mutante del Pci-Psd-Ds-Pd, poi con la ruota di scorta della Margherita e degli ex Popolari e della sinistra-sinistra della Rifondazione bertinottiana, capace, però, di far crollare un governo Prodi.
Il sistema italiano è diventato di fatto Bipolare, con la discesa in campo del Cavaliere. E da allora l'agonia dei partiti è diventata una lenta, inesorabile, inguaribile malattia.
Sono cambiate le leggi elettorali e dai relativi e continui parti, spesso molto dolorosi e mai cesarei ( una legge elettorale è stata perfino autodefinita “Porcellum”) è uscita, da una parte, l'elezione diretta dei sindaci. Che hanno prodotto il “partito dei sindaci”, che ha infine e un po' ovunque generato le liste civiche.......
E dall'altra parte è uscito il mostro delle altre leggi elettorali, per le quali oggi noi non votiamo più chi vogliamo scegliere, ma quello che vogliono i partiti e il sinedrio dei loro leader. Ovviamente alla Camera e al Senato, tra l'altro inutilmente e stupidamente "tagliati" nel numero dei seggi.
In questo alveo cosa si è esaltato? Da una parte il centralismo decisionale nelle liste elettorali e dall'altra il protagonismo personale che ha provocato la nascita delle esplosive leadership, poi abbastanza rapidamente tramontate.
Miti innalzati dentro i vecchi e i nuovi partiti e soprattutto nei nuovi movimenti come i 5 Stelle di Grillo.
Ecco allora Matteo Renzi, dall'apogeo del quasi 40 per cento europeo al 2,5 per cento di Italia Viva, ecco, appunto, il fenomeno Grillo e dei 5 Stelle, la politica dei vaffa fino e oltre al 30 per cento, Salvini della Lega diventata nazionale e non più solo padana, che chiede i pieni poteri a Ferragosto, fino a Conte, creato dal nulla da Di Maio e Company, che poi scompaiono...
Grandi salite e grandi discese, per non dire precipizi.
La politica dopo le sbornie del leaderismo oggi è così, costretta ad aggrapparsi al civismo, che è la morte dei partiti, perché grazie a questa formula, non si costruisce se non mediaticamente e sporadicamente, si recuperano figure in grado di correre a governare, si pesca in parte nella società civile, che è sempre più avara nell'offrire candidature tanto forti da stagliarsi nell'orizzonte confuso delle non scelte.
Non si costruisce più nulla, si "lancia" il supercandidato, l'ultimo che arriva e azzecca una mossa mediatica. Vedasi questo generale Vannacci e il suo autolibro, che a me ricorda tanto il camerata Catenacci di "Alto Gradimento", la trasmissione cult di Arbore Boncompagni.
Il crac dei partiti da una parte, il marasma delle non scelte con l'astensionismo galoppante, che certifica come il timbro di un ufficiale giudiziario, il risultato di quel distacco, sempre più netto, sempre più sopportato dai residui di un sistema.
Si restringe la base elettorale ed ecco allora la possibilità di affermarsi, sempre di più per i meno attrezzati, i mediocri, gli ambiziosi, privi di formazione politica, carichi di esibizionismo, egocentrismo.
E chi potrebbe fornire una formazione politica, una scuola di partito o anche di movimento? Una piattaforma sul web, un corso on line?
Con il civismo tutto questo si supera, ma cosa resta della politica che conoscevamo e di quella che in qualche modo, modificandosi, deve esistere per mantenerci vivi in un mondo di guerre, sconvolgimenti, capovolgimenti geopolitici tanto forti che non riusciamo a seguirli?
Ma no, quella politica è finita da tempo e siamo noi che non ci rassegniamo.