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di Mario Paternostro

Chiusa l’epica stagione delle celebrazioni colombiane e della più importante trasformazione della città ricostruita del dopoguerra, la nostra generazione di cittadini osservatori e narratori della quotidianità spese moltissime parole sulla “visione” di Genova, chiedendo a politici e amministratori di tutti i partiti di individuare e indicare quale poteva essere il ruolo della nuova città, quella degli anni Duemila.

Passati dalle macerie alla città del cemento, poi dell’acciaio, poi del petrolio, poi dopo la crisi dell’acciaio del porto e dopo la crisi del porto la città della tecnologia e dei super e iper mercati, oggi con la stagione del centrodestra, ma soprattutto con l’”era Bucci” (perché diciamo la verità, il centrodestra che governa è Bucci e stop, piaccia o no) una “visione” o meglio una “vision” c’è. E’ un’ idea che poggia su alcune forti realizzazioni, ma vedremo o vedranno i nostri figli e nipoti se davvero tutto il mega disegno bucciano potrà realizzarsi. E come il sindaco riuscirà a conciliare le grandi opere con l’indispensabile “politica del rammendo” lanciata da Renzo Piano per le periferie. Impresa tutt’altro che semplice.

Genova oggi è una grande città portuale e sempre di più una interessante città turistica. Lo dicono tutti i numeri.

Gli industriali genovesi sono praticamente solo imprenditori portuali: armatori, crocieristici, riparatori navali, cantieristici, commerciali. Quindi è il porto che guida il disegno di Genova in ogni sua espressione: Genova deve pensare a come si muove, nel senso stretto della parola. Strade, autostrade, ferrovie. Argomento spesso tragico, in un’ area praticamente isolata dal resto del Paese soprattutto del Nord. Come si muove e muoverà anche al suo interno, pensando anche a chi si deve muovere a piedi. Alla fine del gioco è il porto che comanda Genova.

Poi viene il nuovo turismo. Questa bollente estate ha riempito Genova di turisti di ogni genere, nazionali, confinanti e anche giunti da molto lontano. Che a Genova cercano mare, luoghi, storia, arte e cultura. Ma anche una moderna accoglienza fatta di alberghi, ristoranti, musei, eventi, divertimento, negozi, cibo e tradizioni. La “vision” di Bucci è Porto e Turismo. Maxi-diga, tunnel, spostamento a mare, funivia porto-forti, ma anche porto antico e Waterfront di levante. Con un occhio attento alla tecnologia grazie all’Iit.

Chi sono i protagonisti di questa idea di città? Il sindaco e qualche suo vicinissimo collaboratore come il vicesindaco e pluri-assessore Picciocchi (indicato come probabile successore dell’attuale doge di Tursi). Con i soli industriali del porto, in senso lato. Infine, la Camera di Commercio che è stata sempre storicamente protagonista indispensabile nella costruzione delle prospettive.

Mi è venuta in mente la divertente e colta provocazione che fece una quarantina di anni fa uno dei più intelligenti assessori della allora sinistra, il comunista Franco Monteverde, quando scrisse un pamphlet su “Genova città-stato” sul modello tedesco, con una sua autonomia tutta particolare, dovuta proprio al fatto di essere una città-porto o un porto-città, a seconda dei punti di vista.

Individuata dunque la “città di Bucci” resta da vedere quale sarà la “città degli altri”, cioè di chi non è d’accordo con il sindaco, dei suoi avversari politici, cioè dell’opposizione, cioè della sinistra che galleggia tra Pd e Cinquestelle.

Fino a oggi questa “vision” non l’ha vista nessuno, fatta eccezione per frammentarie occasioni. Ora qualcosa forse si sta muovendo dopo la scelta del nuovo segretario regionale. E molto ci si attende anche dalla tournéé delle feste dell’Unità locali che sono sempre servite al partito e ai suoi dirigenti per raccogliere le idee del popolo della sinistra. Almeno era così, quando in conclusione a settembre si presentava il segretario del Pci in piazza della Vittoria (Palmiro Togliatti, Luigi Longo) e poi in piazzale Kennedy (Berlinguer, Natta, Occhetto) che disegnava la “visione” del Paese, quindi passava la parola al sindaco o presidente della Regione o al segretario locale che indicava anche la “visione” della città.

Così ora aspettiamo la “città del Pd” da confrontare con la “città di Bucci” per scegliere quale ci convince di più. Se la città-porto coniugata con quella turistica o un’altra “cosa”. La sinistra è stata storicamente esperta di “cose” alcune anche riuscite. Dunque restano pochi mesi considerando che, per farle queste “cose” in una Genova diversa, ci vogliono uomini o donne capaci, nuovi, popolari quanto serve, da candidare a Palazzo Tursi. Non domani. Ma oggi.