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di Luigi Leone

Quella fra Hamas e Israele è una guerra oppure dobbiamo definirla altrimenti, se consideriamo che quei palestinesi sono ritenuti dei terroristi dalla comunità internazionale? Mi è toccato di sentire pure questa dai tuttologi in servizio permanente effettivo che affollano giornali e televisioni. Ci si perde in interrogativi oziosi mentre piangiamo migliaia di vittime. 

Piangiamo per le persone trucidate da Hamas, israeliani con il solo torto di essere ebrei, e piangiamo per quelle che l’esercito di Benjamin Netanyahu ha cominciato a uccidere nella Striscia di Gaza. Premettendo la condanna nei confronti di Hamas, nessuno di conseguenza mette in dubbio il diritto israeliano a difendersi. Però c’è una domanda che rimane appesa: siamo certi che uccidere uomini, donne e bambini per colpire i terroristi che si nascondono tra di loro sia il modo giusto?

Una risposta, o forse sarebbe più esatto dire una interpretazione, l’ha fornita Ariel Dello Strologo, candidato sindaco a Genova per il centrosinistra e, com’è giusto, orgogliosamente ebreo: "Hamas ha colpito all’improvviso e indiscriminatamente, macchiandosi di ogni orrore. Israele, invece, sta avvertendo la popolazione civile del suo attacco e semmai è proprio Hamas che impedisce alle persone di lasciare Gaza". 

Dello Strologo sottolinea una differenza, ma soprattutto ci spiega quanto la vicenda si presti a diverse letture. Seguendo giornali e televisioni, invece, è possibile incontrare esperti, o presunti tali, che senza titubanze scolpiscono delle sentenze sulla pietra. Francamente tanta certezza non capisco da dove possa nascere. Forse sarebbe più opportuno ricordare le parole attribuite al filosofo greco Socrate: "So di non sapere"

La questione israelo-palestinese, cioè, è talmente difficile, complessa e piena di sfaccettature contrastanti che non si può dire dove stiano il torto e la ragione. Questa, credo, sia la prima consapevolezza dalla quale partire. Arrivando anche ad astenersi da qualsivoglia giudizio. Il che non significa lavarsene le mani, vuoi per una ragione morale, vuoi perché alla fin fine siamo tutti coinvolti. 

Per cominciare, tuttavia, si potrebbe praticare il comune buon senso, osservando che con il proprio crudele massacro Hamas sapeva che si sarebbe alienato moltissime simpatie. Ma sapeva pure che avrebbe provocato la reazione di Israele (e come non capirlo?), con ciò in qualche modo bilanciando la situazione. 

Anzi, secondo alcuni studiosi (veri), forse ha scientemente voluto che Israele reagisse, per saldare - dall’Iran agli altri Paesi oltranzisti - l’odio verso gli ebrei. Insomma, un cinico trappolone, all’insegna di un tira e molla che si trascina da decenni e che in Occidente divide le coscienze. Questo perché in genere la si butta in politica, pretendendo di guardare alla vicenda con gli occhiali delle fazioni a cui siamo abituati. Le piazze italiane ne sono una buona testimonianza.

Invece serve altro. Che cosa? Non lo so, ovviamente. Mi auguro che lo sappiano coloro che devono occuparsi della questione, sebbene alla tesi "dei due popoli in due Stati" – uno per gli ebrei e uno per i palestinesi – si contrapponga quella della convivenza, perché ebrei e palestinesi già stanno insieme in molti luoghi di quel Medioriente. In pratica siamo al punto di partenza. Solo con migliaia di morti in più. E non mi interessa di che parte: sono morti!