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Gli inquirenti scartarono ogni altra ipotesi, compresa quella che portava all'attuale indagata, poi subito fuggita in Piemonte. Un trasloco ora sotto ai raggi x. Lei disse,"avevo bisogno di allontanarmi da Chiavari"
2 minuti e 9 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA - È l'errore che nessun inquirente dovrebbe mai commettere: puntare le indagini solo su una pista, anche se assai accreditata.

Eppure il 6 maggio del 1996 polizia, carabinieri e magistrato quando si trovarono davanti alla segretaria Nada Cella  (nella foto), ammazzata nello studio del commercialista Marco Soracco (foto) a Chiavari, ebbero tutti subito un'unica certezza: l'assassino è lui, il datore di lavoro ombroso e timido che si era innamorato della dipendente e alla sua indifferenza, l'aveva uccisa, in uno scatto d'ira, forse con la complicità della mamma, che bramava di trovare una compagna al figlio, classico buon partito che non poteva sopportare l'offesa del no di una campagnola come Nada.

Si spiega solo così il comportamento del magistrato di allora Filippo Gebbia, ora in pensione, che scartò sul nascere ogni altra pista, ogni altro sospettato, fra cui Anna Lucia Cecere, la donna che invece adesso, dopo 27 anni, dopo la recente riapertura del "cold case" grazie a una criminologa, per la squadra mobile deve essere rinviata a giudizio per omicidio con le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi: la donna avrebbe ucciso per prendersi il posto di lavoro della vittima.
Di fatto le indagine bis che hanno permesso di indagare per la seconda volta Soracco e per la prima volta l'anziana mamma, perché avrebbero protetto Cecere, ha ripercorso e letto in modo diverso le mille indagini svolte nel 1996.

Osservando ogni testimonianza con angolazioni diverse. Ad esempio il racconto dell'inquilina del palazzo che ha sentito i passi di una persona che scendeva dal terzo piano, dove abita Soracco, e va al secondo, dove c'è lo studio, adesso viene considerata importante, allora invece era stata considerata una non prova, visto che Soracco aveva detto, e dice ancora, che quell'ombra non era lui.

Altro indizio per gli inquirenti è la frettolosa "fuga" di Cecere da Chiavari pochi mesi dopo il delitto, appena la sua posizione è stata sbrigativamente archiviata, lei si è trasferita a Boves, in provincia di Cuneo, dove vivevano già due amiche. "A Chiavari da quando si era diffusa la notizia - disse Cecere - mi sentivo bollata come un'assassina, volevo cambiare aria".

Per gli inquirenti ad agevolare la sua fuga pagando anche il trasloco e i mobili potrebbe essere stato Soracco. Tesi definita fantasiosa dal commercialista. Cecere avrebbe smentito esibendo le ricevute dei pagamenti del trasloco e dei mobili acquistati allora, tutti pagati da lei, forse aiutata, si ipotizza, ma non da Soracco, più probabilmente dalle suore di Chiavari che le erano vicine perchè ragazza madre. A Boves Cecere si è rifatta una vita, sposandosi e diventando mamma, e ormai si era convinta di essere fuori dalle indagini. 

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